Giovedì gli scozzesi decideranno del proprio futuro e il Regno Unito dopo trecento anni potrebbe all’improvviso ritrovarsi disunito. Secondo il premier di Edimburgo, Alex Salmond, la Scozia da sola avrebbe un Pil pro capite più alto della Francia e del Giappone, oltre che della stessa Gran Bretagna, ma soprattutto potrebbe contare sul 60 per cento delle riserve petrolifere e di gas dell’Europa. Insomma, nonostante gli allarmi lanciati dai partiti di Westminster, gli appelli della Regina e della City, buona parte degli scozzesi è propensa a credere che senza gli inglesi starà meglio ed è per questo che il sì al referendum per il divorzio da Londra rischia di ottenere la maggioranza, provocando un terremoto in Europa e sui mercati finanziari. Quel che succede di là dalla Manica dovrebbe far riflettere anche chi sta di qua dal Po, soprattutto in queste ore. Perché è vero che non c’è più Umberto Bossi a fomentare la secessione della Padania e che la Lega dopo la laurea del Trota non è più quella di una volta, però a volte basta poco per invertire la tendenza. Continua a leggere l'editoriale di Maurizio Belpietro su Libero in edicola oggi, martedì 16 settembre o acquista l'edizione digitale