Nel 1942 vinse i ludi juveniles ed era come la stragrande maggioranza dei ragazzi della sua età fascista. Poi, però, successe qualcosa e Andrea Camilleri divenne il comunista che oggi conosciamo. Cosa accadde? Lo racconta lui stesso in una lunga intervista al Fatto Quotidiano. "Andai a Firenze dove si teneva il convegno internazionale della gioventù fascsita a cui partecipavano ragazzi di tutte le nazioni conquistate dai tedeschi. Il tema di quell'anno era 'L'Europa di domani'", dice a Silvia Truzzi. "Parlò Baldur von Schirach, il capo della Hitler-jugend delineando nel discorso la sua Europa futura. Noi avevamo la traduzione simultanea, via via che ascoltavo mi sentivo raggelare". Sul palco, ricorda Camilleri, c'era un'enorme bandiera nazista. "Mi alzai in piedi e chiesi di mettere la nostra bandiera: 'Siamo in Italia'. Si chiuse il sipario e alla riapertura c'erano entrambi i vessilli; quello tedesco e quello italiano". La cosa non piacque però al ministro della cultura popolare Alessandro Pavolini. "Pavolini", prosegue Camilleri, "mentre usciva mi fece segno di seguirlo nella hall. Senza dire una parola si rigirò di scatto e mi diede un violentissimo calcio nel bassoventre con quei suoi schifosi stivali da fascista". Caddi a terra, senza riuscire più a muovermi. Lì nella hall c'era un giovane che aveva assistito alla scena: mi portarono subito all'ospedale, non camminavo dal dolore". "Due ore dopo il prefetto di Firenze mi venne a prendere di persona e mi portò in una clinica temendo che i fascsiti tornassero a colpire". "Sono diventato comunista", conclude Camilleri, "con un calcio nei coglioni".