Sono passati 167 giorni da quel maledetto incidente che ridotto Micheal Schumacher in stato vegetativo in un letto di ospedale. Un inviato del quotidiano La Repubblica ha visto la sua stanza nell'ospedale di Grenoble. Monitor, spie, pulsanti, dodici letti e tanti medici che si alternano. Due operazioni al cervello, poi il buio. La speranza che si riaccende a marzo quando Schumi muove due volte le palpebre. Poi di nuovo il nulla. Adesso pesa cinquanta chili, i muscoli si sono tutti ritirati. Presto il campione potrebbe essere trasferito in una clinica privata svizzera o tedesca. Sua moglie va a trovarlo tutti i giorni, si ferma per sei ore aspettando che arrivi un altro segnale ma tutto è inesorabilmente come il giorno precedente. Le giornate si susseguono quindi tutte uguali. Il papà che sembrava fiducioso e nei primi giorni diceva: "E' un combattente" non parla più. La famiglia, chi gli vuole bene, i suoi tifosi si attaccano ai quei movimenti degli occhi. Pensano che possa succedere ancora, oggi, domani o chissà quando. Aspettano. I medici si dividono tra quelli che non commentano, chi alimenta la speranza e chi invece fa calare il buio su Schumacher.