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Le arti marziali non possono funzionare contro un aggressore violento, vi spiego i perché.

di Andrea Bisaschi domenica 10 giugno 2018

4' di lettura

  Non sto sputando nel piatto dove ho mangiato per venti anni, né rinnego il mio passato di artista marziale, solo che quando si prende coscienza di qualcosa per onestà intellettuale verso me stesso e verso gli altri, sono disposto a ricominciare la ricerca da zero senza rimpianti, anche se questo significa mettersi continuamente in discussione. Sono perfettamente consapevole del fatto che scatenerò critiche dal mondo marziale, ma si sa, ogni volta che si esce da una tribù settaria e si sostengono nuove teorie, è inevitabile che accada. Verso la fine degli anni '90 i ricercatori statunitensi del Rocky Mountain Combat Application Training hanno eseguito un interessante esperimento. Hanno dimostrato che la semplice conoscenza di un'arte marziale, per quanto completa ed avanzata, non basti per difendere la propria incolumità da un aggressore violento abituato a combattere per strada. Gli autori dell'esperimento su invito hanno convocato i migliori atleti d'America di Karate, Tae-kwon-do, Judo, Boxe, Thai boxe, Kung Fu, Ju-jitsu, Kickboxing, ecc. Ogni atleta venne messo di fronte ad un vero criminale, abituato al combattimento da strada, equipaggiato per l'occasione con protezioni in tutto il corpo, testa compresa. L'unica regola, alla quale gli esperti di arti marziali/sport da combattimento dovevano attenersi, era di aspettare che l'aggressore dopo la fase iniziale di offese e minacce, sferrasse il primo attacco. A quel punto gli atleti avrebbero potuto utilizzare qualsiasi tecnica a piena potenza e a contatto pieno. I risultati furono veramente sorprendenti! Ad ogni attacco preceduto da un'aggressione verbale, gli artisti marziali hanno tristemente subito la violenza fisica del criminale avendo la peggio. Solamente in pochissimi casi gli esperti sono stati in grado di reagire in modo efficace. Le reazioni degli artisti marziali non sono state in grado di fermare la violenza bruta dell'aggressore, perché si sono rivelate goffe, rigide, scomposte, imprecise. Quelli che le hanno prese di santa ragione, indipendentemente dai titoli vinti, dal colore della cintura o dal grado tecnico,  hanno sperimentato il cosiddetto shock adrenalinico da stress emotivo. Dinnanzi all'atteggiamento deciso e aggressivo di un vero delinquente la maggior parte degli atleti non è riuscita a gestire il combat stress. Alcuni, pur ante-percependo l'attacco, hanno esitato quell'attimo in più che ha permesso all' aggressore di colpire per primo ed avere la meglio. Altri sono rimasti indecisi e confusi su quale tecnica usare, tra le molte conosciute, dando un vantaggio in termini di tempo al criminale. Altri hanno avuto un buon tempo di reazione ma hanno agito in modo maldestro, rigido ed inefficace, senza riuscire a fermare la furia del delinquente. Altri ancora sono rimasti semplicemente paralizzati ed incapaci di reagire, nel classico stato di freezing, panico,  mentre l'aggressore li sbatteva violentemente a terra. Come mai atleti di alto livello, abituati ad allenarsi giornalmente, non sono riusciti a reagire in modo efficace ed efficiente? Molto semplicemente perché, pur essendo allenati sul piano tecnico, non conoscevano le loro reazioni di fronte alla paura e non erano addestrati ad affrontarle. La competizione sportiva può creare ansia ma non è paragonabile all' intensità emozionale che si raggiunge durante una reale aggressione violenta. Provate ora a pensare all'allieva/o medio che si presenta ad un corso di autodifesa, credete che possa avere una chance di  difendersi senza un approccio mentale corretto? A dire il vero, già nel 1999 avevo capito tutto, però non avevo ancora sviluppato a sufficienza quella fiducia in me stesso, necessaria a non farmi influenzare dalle più "consolidate credenze". Nell'estate del 1999, più precisamente a metà giugno, mi ricordo perfettamente il giorno perché ero alla Fiera del Fitness di Rimini a disputare i Campionati Italiani di Body Fitness, al Baba Yaga discoteca estiva storica del parmense, un venerdì notte il parco all'aperto si trasformò in una zona di guerriglia urbana. Ciò che mi sorprese già ai tempi, quando il titolare del locale mi chiamò per riferirmi l'accaduto, fu che tre clienti crearono scompiglio e terrore, nonostante nello staff della security fossero presenti esperti nelle arti del combattimento. L'unico a gestire la situazione in modo efficace fu un mio amico che lavorava già allora come macchinista a teatro, che aveva avuto un passato adolescenziale burrascoso a Napoli e nella sua vita non era mai entrato in un dojo di arti marziali. Nel 2013 quando mi iscrissi al corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche per studiare dettagliatamente il comportamento delle persone, le emozioni e le strategie di coping (fronteggiamento) ebbi la conferma scientifica di ciò che avevo intuito quindici anni prima sul campo. La violenza è tossica e se non la conosci rischi di rimanerne shockato.  Per questo nel metodo BSD Evolution nel programma base, lavoriamo tantissimo sulla Previsione, Prevenzione, Percezione del rischio e sulla Gestione della paura proprio per dare la possibilità ad ogni persona indifferentemente dal sesso, dall'età e dal peso, di potere evitare lo scontro fisico. Ricerche della Polizia Tedesca, hanno evidenziato che con una attenta prevenzione si diminuisce del 70% la probabilità di subire un aggressione. Se un allievo in un secondo momento avrà il desiderio di imparare qualche tecnica di autodifesa passerà al programma intermedio e dovrà allenare fino ad averlo automatizzato, un set di abilità grosso-motorie: movimenti semplici, "tecnicizzando gli istinti naturali" ovvero modificando leggermente movimenti istintivi affinché diventino più funzionali alla difesa, ripetuti ad oltranza sotto inoculazione di stress psichico e fisico. Solamente "acclimatando" un allieva/o al combat stress potrà avere una chance concreta di non bloccarsi nel caso in cui fosse necessario difendersi.

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