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Greta Thunberg, perché non ha vinto il Nobel per la Pace: a un passo dal trionfo, ma...

di Davide Locano domenica 13 ottobre 2019

3' di lettura

C'è stato un tempo in cui gli esaltati che giravano con cartelli per annunciare l' imminente fine del mondo finivano in manicomio. Ora li candidano al Nobel per la Pace. Parliamo ancora di Greta, la sedicenne più famosa del mondo, che secondo i quotidiani di mezzo mondo avrebbe dovuto ricevere il celebre riconoscimento attribuito dal Parlamento norvegese. Ma le è andata male. Ha vinto il premier etiope, un uomo con una grande storia (la racconta qui sotto Maurizio Stefanini), ma i membri del comitato scandinavo hanno fatto capire che la svedese è stata a un passo dal trionfo, pur evitando di illustrare le ragioni della scelta: «Non facciamo commenti su chi non ha ottenuto il premio», si sono limitati a dire. Leggi anche: "Niente Nobel per la Pace?": la Maglie punge Greta Thunberg Il merito riconosciuto alla Thunberg è quello di aver creato dal nulla un impressionante movimento di massa. La ragazza è una comunicatrice incredibile, su questo non ci piove. Il problema è capire se quel che comunica ha qualche senso. Proponiamo un parallelo paradossale: anche il giovane Filippo, l' iniziatore della crociata dei bambini del 1212, riuscì a mobilitare migliaia di coetanei in Francia e a convincerli a partire per la Terra Santa al fine di liberarla cantando. È finita con un numero imprecisato di morti e centinaia di innocenti ridotti in schiavitù. E Filippo venne considerato comunque un santo. LE DERIVE Per quanto riguarda Greta, almeno la canonizzazione targata Nobel l' abbiamo evitata. Parafrasando il suo celebre discorso all' Onu, le hanno rubato un altro sogno. A noi invece ci hanno evitato una grandissima presa in giro. Intendiamoci: la Thunberg è solo un' adolescente, non è certo pericolosa né malvagia, in fin dei conti il messaggio che vuole trasmettere è positivo: ecologia a tutti costi. Il problema sono le derive talebane e cialtronesche che questo movimento ha assunto, a partire dalle fosche previsioni sulla fine della civiltà umana per eccesso di Co2 per arrivare a chi propone una pioggia di tasse verdi che farebbero a pezzi i nostri già zoppi sistemi produttivi. Un ambientalismo serio dovrebbe conciliare progresso economico, scientifico e tutela del nostro pianeta. Invece affrontando il problema in questa maniera tutto rischia di finire in farsa, come si intuisce studiando quel che è successo in Italia. Tutti Gretini a parole nella maggioranza che regge il nuovo governo. Ma di fatti se ne sono visti pochi. Sulla graticola nel dibattito sull' ambiente è finito solo chi, come Libero, ha posto qualche dubbio sulla correttezza di porre temi tanto importanti in un modo così bambinesco. Quando è stato il momento di fare qualcosa, però, anche Palazzo Chigi ha gettato la maschera. Per affrontare l' emergenza climatica è arrivato solo un decretino ridicolo, che prevede lo stanziamento di qualche decina di milioni per contributi alla rottamazione dei motorini e la realizzazione di qualche corsia preferenziale. Resta quindi una domanda: ma se i grillo-rossi davvero concordano con Greta sul fatto che siamo vicini all' eco-apocalisse, la soluzione sarebbe realizzare qualche strada riservata agli autobus? Ipocrisia infinita. CRITERI RIDICOLI Non illudiamoci comunque: l' inventrice dei "venerdì per il futuro" prima o poi il Nobel lo incasserà. D' altra parte, con il tempo questo riconoscimento è stato attribuito con criteri sempre più ridicoli. L' ha ricevuto il "pacifista" Barack Obama, presidente Usa che detiene il record di bombe sganciate in un anno dai tempi della guerra del Vietnam (venticinquemila in dodici mesi, praticamente Hiroshima). Lo ha preso pure l' Unione Europea, comunità di Paesi che da sempre gestisce la propria politica estera all' insegna dell' ignavia. L' Ue tradizionalmente finge di non vedere i conflitti anche quando si svolgono di fronte a casa (vedi Libia e Ucraina). Quest'anno, tuttavia, il premio è andato a uno che se lo meritava: l' etiope Abiy Ahmed Ali, che ha posto fine a un conflitto con l'Eritrea che durava da ben venti anni. Certo, non sarà un' icona pop come l' attivista di Stoccolma, ma ha fatto la storia. di Lorenzo Mottola

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