Milano, 23 giu. (Adnkronos) - Nel gestire Mediobanca, Enrico Cuccia venne probabilmente guidato da "un'idea cardine", ispirata alla concezione di Dino Grandi, ministro degli Esteri dell'Italia fascista dal 1929 al 1932, ambasciatore a Londra e poi estensore dell'omonimo ordine del giorno nel Gran Consiglio che portò alla deposizione di Benito Mussolini il 25 luglio del 1943. Per Grandi, consapevole che l'Italia non era una grande potenza paragonabile alla Gran Bretagna, alla Francia, agli Usa, alla Russia o alla Germania, il Paese "doveva spendere il suo peso determinante nelle alleanze". A spiegare così le capacità di manovra del dominus di Mediobanca nell'Italia della Prima Repubblica, dominata, in modo diverso da oggi (ma non così tanto, se si guardano le aziende più capitalizzate della Borsa Italiana), dal capitalismo pubblico o di origine pubblica, è stato Piero Barucci, ex ministro del Tesoro, ricordando oggi nella sede di Mediobanca Enrico Cuccia durante la presentazione di un volume a lui dedicato, "Promemoria di un banchiere d'affari", curato da Sandro Gerbi e Giandomenico Piluso e pubblicato da Aragno. Barucci ha tratteggiato un ritratto non encomiastico di Cuccia, ricordandone le sconfitte ("la Superbin, i Ligresti, Ferruzzi, sono tutte sconfitte sue. Ma tutti noi abbiamo avuto successi e insuccessi") e le qualità. L'ex ministro ha citato uno scritto del 1977, in cui Cuccia ricordava che "l'inflazione è un brutto male, ma la deflazione è peggio. Soltanto ora mi è tornato in mente: Cuccia ti ammoniva con aforismi taglienti, che pronunciava una volta sola. Ne ricordo uno: 'Non metta mai soldi buoni su soldi poco buoni'". (segue)