Italia-Albania, l'avvocato della Corte di Giustizia Ue smonta le toghe

L'avvocato generale sul patto sui migranti: "Un paese membro può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo". Un colpo ai giudici italiani
giovedì 10 aprile 2025
Italia-Albania, l'avvocato della Corte di Giustizia Ue smonta le toghe
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Dalla Corte di giustizia Ue un colpo durissimo alla discrezionalità delle toghe italiane sul tema immigrazione. Secondo Richard de la Tour, l'avvocato generale della Corte di giustizia Ue che ha studiato il dossier Italia-Albania, "uno Stato membro può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo e deve divulgare, a fini di controllo giurisdizionale, le fonti d'informazione su cui si fonda la designazione".

Lo Stato membro dell'Unione europea può inoltre, "a determinate condizioni, attribuire a un Paese terzo lo status di paese d'origine sicuro, individuando nel contempo categorie limitate di persone che potrebbero essere esposte al rischio di persecuzioni o violazioni gravi", si legge nelle sue conclusioni sulle cause legate al protocollo siglato da Roma e Tirana, che tante polemiche politiche e giuridiche ha causato nei mesi scorsi, con diversi giudici italiani che di fatto hanno deciso di non applicare la legge messa a punto dal governo di centrodestra. La sentenza è attesa tra fine maggio e inizio giugno, ma è chiaro che le indicazioni di De la Tour, pur non vincolanti, potrebbero già dare un segnale importante.

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L'avvocato generale si è espresso su richiesta del Tribunale di Roma che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei Cpr in Albania perché provenienti da Paesi che l'Italia ritiene sicuri - in particolare Egitto e Bangladesh - per l'esame delle loro domande d'asilo con procedura accelerata.

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De la Tour ritiene che la normativa europea non vieti a uno Stato membro di considerare un Paese terzo come "Paese d'origine sicuro", anche se per alcune categorie di persone quel Paese non lo è. Questo - viene precisato - è possibile solo se, da un lato, la situazione giuridica e politica del Paese in questione riflette un sistema democratico che assicura alla maggior parte della popolazione una protezione stabile contro persecuzioni o gravi violazioni". E, dall'altro, se lo Stato membro "esclude espressamente quelle categorie" vulnerabili "dall'applicazione" dello status di Paese d'origine sicuro "e dalla presunzione di sicurezza" che esso comporta.