L'Africa cresce in fretta ma l'Europa non la vede

Il Piano Mattei è l'unico strumento per aiutare lo sviluppo del Continente e salvarlo dalla fuga delle generazioni più giovani all’estero
di Antonio Soccimartedì 8 aprile 2025
L'Africa cresce in fretta ma l'Europa non la vede
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L’epoca trumpiana spazza via i dogmi della vecchia globalizzazione e mostra possibilità di crescita formidabili laddove prima c’era solo una giungla di problemi. Pensiamo all’immigrazionismo, un’ideologia nefasta, finora molto sponsorizzata dalle classi dirigenti progressiste.

Secondo costoro le immigrazioni di massa sono un destino ineluttabile e non arginabile. È falso (in Italia Salvini e Minniti lo hanno dimostrato; ora lo dimostrano anche altrove). Inoltre le migrazioni di massa sono un fenomeno devastante per tutti: per chi deve sradicarsi ed emigrare e per chi subisce un’immigrazione incontrollata. Così si condannano intere aree del pianeta al sottosviluppo perenne, all’emorragia di “capitale umano” e si condanna l’Europa alla destabilizzazione, a gravi problemi di convivenza, a nuovi fenomeni di criminalità, a conflitti sociali e alla sparizione culturale.

Perciò acquista grande attualità il “Piano Mattei per l’Africa” che Giorgia Meloni, dall’insediamento del suo governo, sta cercando di proporre alla UE. L’idea di fondo è: smettere di disinteressarsi dell’Africa odi guardare ad essa come area destinata per sempre al sottosviluppo (che può solo esportare migranti) o come terra da saccheggiare con mentalità colonialista.

Considerarla invece come un continente con enormi potenzialità, di cui sostenere lo sviluppo per il benessere dei suoi popoli e per il bene di tutti noi.
I dati dimostrano che quella del governo italiano è l’unica idea strategica fondata e lungimirante (peraltro ha l’appoggio della Chiesa – molto presente in Africa – in difesa del “diritto di non emigrare”).

Già oggi i dati economici ci mostrano che l’Africa non è un continente fermo all’età della pietra, ma è in forte ascesa. Secondo l’African Economic Outlook 2024 della Banca Africana di Sviluppo la crescita del Pil reale del continente nel 2024 è prevista al 3,7% e quella del 2025 al 4,3%. Siamo sopra la media globale (3,2% e 3,3%). Da sottolineare che fra le venti economie a più rapida crescita, ben undici sono africane (per esempio il Niger al 9,6%, il Senegal 9,4% e il Ruanda 7,9 per cento).

Ma questo è nulla se consideriamo le potenzialità dell’Africa che, per esempio, ha il 65% della terra arabile inutilizzata del pianeta (600 milioni di ettari) la quale potrebbe garantire la sicurezza alimentare del continente e l’esportazione di surplus agricoli. A questo va aggiunto il grande potenziale della pesca (si stima in 10 milioni di tonnellate annue) oggi sfruttato solo per metà.

Poi ci sono le immense risorse minerarie. L’Africa, oltre a importanti riserve di petrolio e gas naturale, ha una quota del 33-40% delle riserve d’oro globali, produce circa il 33-40% dei diamanti del mondo, ha circa il 65% delle riserve planetarie di cobalto, l’80% di coltan, il 95% di platino, il 90% di cromo, il 30% di manganese. Infine notevoli quantità di litio e terre rare.
Nel complesso l’Africa ha il 30% delle riserve minerarie critiche al mondo, cioè i minerali che sono essenziali per le industrie strategiche (l’elettronica, la difesa, l’aerospaziale, l’energia rinnovabile), quelli su cui è costruito il mondo moderno. Il Continente ha pure grandi riserve di ferro e legno: nel bacino del Congo c’è la seconda foresta pluviale più grande al mondo, fra l’altro con una ricca biodiversità (più di 10.000 specie di piante e animali).

Non si tratta solo di ricchezze non sfruttate. L’Area di Libero Scambio Continentale Africana, varata nel 2019, ha un mercato potenziale di 1,3 miliardi di persone con un Pil complessivo di 3,4 trilioni di dollari ed entro il 2035, secondo le stime, può aumentare del 52% il commercio infra-africano riducendo la dipendenza dalle esportazioni di materie prime. Anche la rivoluzione digitale è in pieno sviluppo: nel 2023 l’Africa aveva 570 milioni di utenti di telefonia mobile (con una penetrazione del 45 per cento).

Contribuisce all’innovazione (le startup africane aumentano del 20% ogni anno da cinque anni) e ha strutture innovative all’avanguardia: il Kenia per esempio è leader nello sfruttamento di energia geotermica e il Marocco ha il più grande impianto solare al mondo. Ma occorrono investimenti per poter rendere pienamente produttive le risorse del continente. Per esempio la sola Repubblica democratica del Congo ha un potenziale idroelettrico che viene stimato in 100.000 MW che da solo potrebbe alimentare gran parte dell’Africa subsahariana, ma non ha infrastrutture tecnologicamente adeguate. Il potenziale idroelettrico complessivo è stimato a circa 350.000 MW di cui attualmente si utilizza solo il 10/15 per cento.

Altri dati: secondo l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili l’Africa può generare fino a 310.000 MW di energia solare entro il 2030 solo sfruttando una frazione delle sue risorse. Potenzialità impressionanti se si pensa che ancora oggi 600 milioni di africani (il 43% della popolazione del continente) non ha accesso all’elettricità.

L’Africa è stata sfruttata da varie potenze (occidentali e non) con politiche colonialiste. Da qualche anno su di essa sono puntati gli appetiti economici e politici di Cina, Russia e Paesi petroliferi arabi. L’Unione europea è assente, come sempre. Eppure lì ha un interesse vitale. Dovrebbe varare subito verso l’Africa una politica “modello Mattei”, che non mira a saccheggiare le risorse, ma ad aiutare lo sviluppo di quei Paesi: potrebbe trovare così una straordinaria opportunità di crescita economica anche per sé e potrebbe stabilizzare quelle aree. Sarebbe quindi un grande investimento pure per la sicurezza e per la pace, ben più redditizio ed efficace dei roboanti 800/1000 miliardi di euro per il riarmo.

Se la UE non lo capirà si sappia che oggi l’Africa ha 1,5 miliardi di abitanti e nel 2050 ne avrà circa 2,5 miliardi. È il continente più giovane al mondo (età media19 anni). Si prevede che fra il 2035 e il 2040 la sua forza lavoro (15-64 anni) supererà la somma di quelle di Cina e India. Quindi, se la UE non punterà subito e fortemente sullo sviluppo dell’Africa, l’immigrazione la travolgerà.

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