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Perché la Ue nuoce al made in Italy più dei dazi americani

Nessuna tutela di fronte all’invasione di olio tunisino e pomodori marocchini. E Bruxelles ostacola le nostre imprese con Nutriscore e boicottaggio del vino
di Carlo Nicolato sabato 5 aprile 2025

3' di lettura

C’è chi accusa il governo italiano di non fare nulla per salvaguardare i nostri produttori dai nuovi dazi americani. Laura Boldrini sostiene che Giorgia Meloni sarebbe stata colta di sorpresa in quanto troppo impegnata a cullarsi nell’illusione di essere una privilegiata agli occhi di Trump e a differenza di altri, come il socialista spagnolo Sanchez che prepara un fondo da 14 miliardi di euro per le aziende colpite, «continua a ripetere che “non è una catastrofe”».

L’ex presidente della Camera prende ad esempio i produttori di olio e vino toscani che lanciano l’allarme per un danno possibile calcolato di 3 miliardi di euro. Peggior esempio probabilmente non poteva trovare, e non certamente a causa dei produttori di quel settore che sono vittime, ma perché l’olio italiano è proprio una di quelle eccellenze del Made in Italy tartassate dalla politica Ue contro la quale la Boldrini e i suoi colleghi di partito mai hanno alzato dito. È difficile quantificare il danno delle politiche europee di questi anni alla nostra produzione, specialmente quella agroalimentare, ma siamo sicuri che quella cifra è decisamente superiore a ogni calcolo impossibile che i dazi di Trump potrebbero significare per il settore. Prendiamo proprio l’olio d’oliva.

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Senza alcun motivo che abbia un senso economico logico la Ue permette infatti l’importazione di quote importanti a dazi zero di olio di oliva dalla Tunisia e questo nonostante l’Europa sia nel complesso uno dei maggiori produttori mondiali. L’olio viene infatti prodotto in Spagna, in Grecia, in Francia e ovviamente in Italia la quale, proprio a causa della Ue, risulta essere con oltre il 30% del totale la maggior importatrice della produzione proveniente dal Paese nordafricano.

Una questione di prezzi molto più bassi ovviamente, ottenuti grazie al fatto che in Tunisia non valgono le rigide regole europee su pesticidi e lavoro, ai quali non si aggiungono le dovute tariffe. Coldiretti e Unaprol sostengono che l’olio tunisino «viene venduto in Italia sotto i 5 euro al litro, mettendo in crisi i nostri olivicoltori costretti a svendere sotto i costi di produzione». La stessa regola del vantaggio economico ottenuto grazie a mancanza di regole vale per i pomodori che arrivano dal Marocco, Paese che attualmente risulta essere il maggior esportatore verso la Ue. Anche in questo caso la Coldiretti fa sapere che dall’anno 2000 esiste un accordo tra Bruxelles e Rabat che prevede una quota di importazione di 285mila tonnellate di pomodoro a dazio zero. Senza dimenticare che fino al 2022 l’Unione europea importava riso dalla Cambogia e dalla Birmania, sempre a dazio zero, provocando sempre per questioni di concorrenza sleale danni ingentissimi al nostro settore.

Anche alcuni accordi economici onnicomprensivi che l’Unione Europea è solita firmare con singoli Stati o con interi continenti si sono rivelati deleteri. Il Ceta ad esempio, quello stipulato con il Canada, è stato finora un vantaggio solo per Ottawa e al contrario un danno al nostro Paese. Coldiretti fa sapere che dal 2017 le importazioni di grano e altri cereali dal Canada sono aumentate dell’82% nonostante il prodotto canadese non rispetti le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti da noi, come ad esempio l’uso l’erbicida glifosato in preraccolta. Lo stesso discorso vale perla carne importata dal Canada, aumentata di oltre il 90%. C’è poi l’accordo tra Ue e Merco sur, i cui aderenti (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) vengono classificati, insieme a Stati Uniti e Canada, tra i principali falsificatori del cibo e dei vini Made in Italy del mondo, che gli stessi consumano nel mercato interno ed esportano in tutti i continenti.

Ma non ci sono solo artifici commerciali che danneggiano le eccellenze italiane, l’Ue si è anche inventata etichette che le compromettono guastandone scientificamente la reputazione. Come il Nutri score, cioè quel sistema a semaforo che classifica un alimento in base alla quantità di grassi saturi, sale e zucchero presenti in 100 grammi di prodotto senza fare distinzioni sul tipo di alimento. Tali parziali e assolutamente fuorvianti etichette nutrizionali bocciano quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop). O come i “messaggi sanitari” sulle bottiglie di vino che l’Ue ha reso possibili grazie a un provvedimento del 2023. «Drinking alcohol causes liver disease» si legge già sulle bottiglie di Chianti in Irlanda. Insomma «il vino nuoce gravemente alla salute» e l’Unione Europea nuoce gravemente al Made in Italy.

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