«Ho sentito dire che l’Europa della Meloni sarebbe quella di San Benedetto...». Segue risatina di commiserazione. A parlare così è stata la giornalista Silvia Sciorilli Borrelli nel salotto tv di Lilli Gruber.
L’intenzione, immaginiamo, era quella di contrapporre le luci di Ventotene alle ombre medievali benedettine, oscure proprio come l’oscurantista Meloni. C’è da credere che sia opinione diffusa, tra i fan del manifesto di Ventotene, questa sorta di disprezzo per il valore di San Benedetto, patrono d’Europa dal 1964.
Perché a Subiaco, che ospita il santuario del Sacro Speco, terra benedettina per eccellenza, si riuniscono periodicamente gli esponenti dell’Ecr, il gruppo dei conservatori europei, per ribadi« re che le radici del Vecchio Continente sono incompatibili con la cultura woke. Pochi giorni fa l’ultimo meeting, cui ha partecipato il ministro della Cultura Alessandro Giuli che non ha mancato di dare la sua interpretazione sulla querelle relativa al manifesto di Ventotene.
«Chi può negare» ha detto Giuli «che fra i maestri censori insorti contro il premier Meloni si annidi una minoritaria ma rumorosa progenie composta da veterocomunisti transitati a suo tempo dalla ottusa militanza per l’Unione Sovietica alla ottusa militanza per la peggiore Unione Europea?».
E un anno fa, sempre a Subiaco, una lectio magistralis di Marcello Pera fu la cornice intellettuale all’interno della quale fu firmato il manifesto dei conservatori europei. L’Europa, spiegò Pera in quell’occasione, è stata modellata sulla base di tre correnti di pensiero: il liberalismo, che vede l’individuo come soggetto principale della natura umana, il socialismo, che lo definisce principalmente in termini economici, il conservatorismo, che pone l’accento sull’eredità e l’identità derivanti dalla tradizione. Su quest’ultimo filone Pera volle ricordare che per un conservatore è bene accogliere il cambiamento a condizione che questo sia graduale e non comprometta l’identità e la tradizione.
Non c’è davvero da sorridere di queste radici europee. E se proprio si vuole opporre Subiaco e Ventotene è il primo centro, gravido di spiritualità e di memoria storica, ad avere la meglio.
Non dimentichiamo infatti che proprio gli amanuensi benedettini traghettarono la cultura greco-romana nell’età medievale e poi moderna, svolgendo una funzione rilevantissima nel fornire l’ossatura della civiltà occidentale. A partire dal IX secolo gli scriptoria si moltiplicano sul suolo europeo diffondendo i testi antichi in tutta la cristianità occidentale. Nei monasteri benedettini si formano le biblioteche dove, accanto alla Bibbia e ai testi dei padri della Chiesa, figurano scritti di storici profani e testi di diritto romano e barbarico, trattati di grammatica, opere famose di poeti e oratori classici. Trattati di calcolo, geografia, medicina. Una tensione verso il sapere, la scienza, i libri che si irradia proprio dalla valle sublacense dove Benedetto volle fondare i suoi monasteri. L’opera dei monaci addetti allo scriptorium è dunque di inestimabile valore. Al punto da rendere celebre l’aforisma di Bernardo di Chartres: «Siamo nani sulle spalle di giganti così che possiamo vedere un maggior numero di cose e più lontano di loro».
Una metafora che ha avuto grande fortuna nella storia delle idee a partire dal XII secolo, periodo in cui fiorirono le prime università. E che rimanda anche ai concetti di identità e tradizione richiamati da Marcello Pera e che proprio nella nazione e nella sua memoria trovano la giusta collocazione. Per questo è utopistico ritenere che le nazioni debbano essere cancellate per sostituirle con un superstato astratto con sede a Bruxelles. Ciò equivale a ignorare del tutto che l’Europa in realtà non può nascere in antitesi alle nazioni ma può incarnare, attraverso un giusto equilibrio, i valori migliori che le singole nazionalità hanno espresso nel tempo.