La domanda sorge spontanea, come diceva quel tale: a sinistra non conoscono la storia, o sono in malafede? In fondo, fatti loro potremmo dire. Quanto a noi vogliamo attenerci ai fatti reali. Cosa fosse il federalismo di Spinelli e in che misura influì sulle sorti dell’Europa ce lo dice un diffusissimo testo universitario, pubblicato fra l’altro da un editore di sinistra (Laterza). «Il federalismo di Spinelli – scrivono Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace – si proponeva come nuovo modello rivoluzionario in concorrenza con quello comunista dalle cui fila Spinelli proveniva e dalle cui strategie e dal cui programma il Manifesto di Ventotene maturava tutta una serie di principi».
Per i due autori, al massimo si può dire che il testo incoraggiò «una visione utopica» dell’Europa che rimase confinata a pochi adepti «impedendo una valutazione più realistica e più pragmatica dei problemi e delle prospettive dell’unificazione».
L’integrazione europea nacque per due motivi concomitanti: l’interesse degli Stati Uniti ad avere un blocco di nazioni “amiche” che facessero da contrappeso al Patto di Varsavia; la lungimiranza di alcuni leader europei di formazione cristiana che possono a buon diritto essere considerati i Padri Fondatori dell’Europa: Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schumann. I comunisti, fortemente legati all’Unione Sovietica, osteggiarono fortemente l’unità europea, dal principio fino agli anni ‘80 del secolo scorso. Votarono sempre contro in Parlamento. Il loro legame con Mosca li portava già allora a parlare astrattamente di “pace” e a manifestare contro l’Occidente “guerrafondaio” e gli Stati Uniti “imperialisti” (favorirono persino la creazione di un movimento detto dei “Partigiani della pace” finanziato da Mosca).
Quanto a Spinelli e ai suoi amici di Ventotene, il movimento federalista da loro creato ebbe brevissima vita proprio perché non era riuscito ad imporsi all’attenzione della vita politica europea, come egli stesso riconobbe. Già alla fine del 1945, Spinelli abbandonò deluso il suo progetto ritenendolo “assolutamente inattuale”. Quando, qualche anno dopo, «l’idea europea riprenderà a correre – scrivono Mammarella e Cacace – lo farà sulle gambe delle tariffe doganali e dei mercati, ma soprattutto sotto la spinta di Washington e della strategia della guerra fredda». Da qui la nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1951 e, sei anni dopo, della Comunità economica europea che diviene nel 1993 l’Unione europea.
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"Sostegno all'Ucraina e agli sforzi Usa per la pace": è questa la posizione portata dall'Italia...L’ideologia era stata saggiamente messa da parte, anche per l’influsso delle teorie funzionaliste di Jean Monnet: «Uniamo i mercati, la politica e la cultura arriveranno dopo». Quanto a Spinelli, egli continuò un suo percorso di proselitismo alle idee europeiste, che fra l’altro si erano molto annacquate rispetto a quelle presenti nel Manifesto. Fu proprio per questo suo impegno, che si svolse in gruppi minoritari, che fu nominato el 1970 Commissario europeo all’industria. Si riavvicinò allora al Pci, a cui era stato iscritto in gioventù, nel movimento degli “indipendente di sinistra”, creato dai comunisti per candidare nelle loro file intellettuali vicini ma non del tutto allineati. Eletto nel 1979 a Strasburgo, vi restò sino alla morte nel 1986. Se la sua influenza sull’integrazione europea fu nulla, non così può dirsi di quella che ebbe sui comunisti per convertirli alla causa europeista. Declinata però in un’ottica dirigista e giacobina che, per fortuna, non era stata quella dei Padri.