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Berlino detta, l'Europa esegue: basta seguire i soldi della Germania per capire tutto...

Mario Sechi
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Una vecchia regola del giornalismo dice «follow the money». Per capire dove sta andando l’Europa non basta osservare le mosse di Donald Trump e le reazioni isteriche di Bruxelles, bisogna seguire i soldi, in particolare quelli della Germania. Giancarlo Giorgetti ieri ha sottolineato che «le regole europee sono scritte in inglese e pensate in tedesco. Queste regole vanno bene se tutto resta uguale».

Ma non tutto resta uguale, il ministro dell’Economia ha messo in chiaro che la locomotiva tedesca è ferma e per muoverla a Berlino non si sono posti il problema dei partner europei, delle asimmetrie tra i vari Stati, siamo in una situazione dove nulla è stato «negoziato», tutto è stato «annunciato». La storia è maestra di vita, ma è dimenticata.

Facciamo un breve ripasso dei rapporti tra la Germania e noi, gli europei, uomini e donne che vivono nel Vecchio Continente, immersi in una quotidianità lacerata dalla guerra, a cui la manifestazione di ieri a Roma non dà alcuna risposta, trascinandoli nel fallimento culturale delle sinistre. Il nostro viaggio inizia da lontano, ma tutto torna, c’è un filo rosso, si chiama storia. Sconfitti nella Prima guerra mondiale, i tedeschi schiacciati nel 1919 dagli obblighi imposti dal Trattato di Parigi, si riarmarono sotto la guida di Adolf Hitler e scatenarono un altro conflitto totale, sprofondando nell’abisso dello sterminio degli ebrei; i vincitori della guerra divisero Berlino in quattro settori, così nacquero le «due Germanie» e cominciò l’era della Guerra Fredda; il Piano Marshall diede ai tedeschi l’occasione per ricostruire lo Stato e l’economia, ma non l’esercito, i tedeschi ripresero a produrre burro, acciaio e automobili, mai più cannoni; il crollo del Muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica aprirono le porte alla riunificazione, la grande impresa politica di Helmuth Kohl, completata dalla creazione della moneta unica che chiudeva l’era dei forti squilibri tra le valute europee, ma nel passaggio dal Marco all’Euro dava alla Germania uno strumento ideale per affermare il suo dominio economico, prima di tutto negli scambi interni nel mercato europeo; l’industria tedesca, affamata d’energia, prima con il cancelliere Gerhard Schröder e poi con Angela Merkel, orientò le rotte energetiche europee verso la Russia, creando una pericolosa dipendenza dell’Unione dal tubo del gas e petrolio di Mosca; durante la crisi dell’Euro e lo shock finanziario sul debito sovrano, tra il 2009 e il 2011 la Germania, con la regia del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, impose all’Europa una ulteriore stretta della politica dell’austerità, continuando a sfruttare il gap fiscale del bilancio tedesco a suo favore; nel 2016 la cancelliera Merkel aprì le porte a 1,2 milioni di rifugiati stranieri, ponendo le basi del successo della destra di “Alternative für Deutschland”; dopo una fallimentare gestione tedesca degli accordi di Minsk, nel febbraio del 2022 la Russia invade l’Ucraina, la Germania è costretta a chiudere il rubinetto del gas di Mosca; nel febbraio del 2025 la grigia parabola del socialdemocratico Olaf Scholz si chiude con la recessione, al suo posto arriva il cancelliere della Cdu, Friedrich Merz che annuncia l’abbattimento di due dogmi: la Germania dopo 80 anni si riarma e archivia l’era dei limiti all’indebitamento per riconvertire la sua industria con l’acqua alla gola, mettendo l’Unione europea di fronte a un altro cambio di rotta.

L’Europa ha bisogno di un nuovo concetto strategico di Difesa (non di un «riarmo», parola che non significa niente se non hai chiare le priorità, le minacce reali, le alleanze, gli amici e i nemici con i quali ti devi confrontare) e per realizzarlo serve la cooperazione, prima di tutto con gli Stati Uniti, senza l’America tutta la nostra storia sarebbe diversa e questo vale anche per il domani, con o senza Trump.

Quando Giorgetti mette in guardia sulle decisioni accelerate e non meditate, coglie il punto politico, quello che ci ha condotti a questo scenario di rischio esistenziale, il nocciolo della crisi dell’Unione, un errore che non può ripetersi all’infinito: Berlino detta, l’Europa esegue.

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