Il nome di Valerio Ottati non è nuovo alle cronache, non certo per reati di cui fino a prova contraria non si è macchiato, ma perché era stato preso ad esempio tra gli altri dalla piattaforma investigativa Follow The Money di uno dei poco ortodossi sport preferiti dagli ex assistenti parlamentari, quello del salto della barricata dagli uffici degli eurodeputati a quelli delle società lobbistiche.
Negli ultimi dieci anni 166 ex assistenti del Parlamento europeo lo hanno fatto, cioè hanno iniziato a lavorare come lobbisti a Bruxelles entro due anni dal termine del loro impiego presso il Parlamento europeo. La stragrande maggioranza è diventata lobbista aziendale e in molti casi senza nemmeno richiedere la necessaria autorizzazione all’Europarlamento. Questa che sembra una questione di poco conto è in realtà diventata la strategia vincente di molte aziende per fare lobbying, in particolare quelle cinesi. Una delle tante si intende, ma la più diffusa.
Nell’ultimo quinquennio Huawei ha assunto tre ex assistenti parlamentari e tra questi c’è proprio Ottati che, fanno trapelare i cinesi, «non è affatto un tipo tecnico» ma «è stato assunto per le connessioni che può portare». Lo scopo è quello ed è anche comprensibile, meno comprensibile è che le istituzioni europee lo permettano così facilmente, specie dopo il Qatargate. Sui modi di reclutamento a Bruxelles del colosso di Shenzhen, e ovviamente sulla sua attività, sta lavorando l’intelligence belga almeno dal 2022, interessata a capire fino a che punto i suoi dipendenti facciano gli interessi dell’azienda o piuttosto quelli del governo cinese.
"Scandalo Huawei al Parlamento europeo": slavina giudiziaria e ombre cinesi, cosa sta succedendo
L’ombra di un nuovo "Qatargate" si addensa sul Parlamento europeo. La giustizia belga sospetta che i lob...I dubbi sono più che leciti visto che per anni i due uffici Huawei di Bruxelles, uno situato tra il Parlamento europeo, gli edifici della Commissione e del Consiglio europeo, e l'altro vicino all'ambasciata degli Stati Uniti, sono stati un importante potere di lobbying nel processo decisionale europeo. Le dichiarazioni aziendali più recenti hanno inserito l'azienda tra le prime trenta che spendono di più in lobbying nella capitale belga, con una cifra massima dichiarata di 2,25 milioni di euro all'anno. Dopo la bufera del 2019, quando l’azienda, accusata di spionaggio, è stata inserita nella black list dagli Stati Uniti, in realtà non è cambiato molto. Huawei ha solo diversificato la sua attività, si è un po’ defilata affidandosi spesso ad agenzie esterne come Brunswick e FTI Consulting, collaborando astutamente con vari think tank (che spesso negano) e puntando anche alle altre capitali europee, in particolare Berlino.
Lo stesso fa TikTok, l’altra azienda cinese più attiva in Europa. TikTok avrebbe speso 1,25 milioni di euro per il suo lavoro di lobbying a Bruxelles dove vanta cinque dipendenti a tempo pieno. In Germania, l'azienda spende circa 200mila euro e ha tre dipendenti attivi e permanenti. Da gennaio 2023 TikTok ha speso più di un milione di euro in pubblicità su giornali e riviste tedesche. LobbyControl, organizzazione indipendente e senza scopo di lucro che pubblica ricerche critiche sulle lobby, segnala che entrambe le aziende tentano anche di esercitare influenza tramite associazioni commerciali. Ad esempio, Huawei è membro dell'European Services Forum (ESF) e TikTok è membro dell'associazione di settore UE DigitalEurope.
Anche i think tank e le associazioni di amicizia formali e informali svolgono un ruolo, come la German-Chinese Friendship Association o la “China Bruecke”, i cui fondatori includono il lobbista Huawei Carsten Senz. Huawei e TikTok non sono certo le uniche, nel registro per la trasparenza dei lobbisti registrati alle istituzioni Ue sono registrati anche la European Union Chamber of Commerce in China, la Lenovo Group Limited, la China Chamber of International Commerce, la Hangzhou Hikvision Digital Technology Co., Ltd, la DJI Europe B.V., la China Council for the Promotion of International Trade e l’Ant Group. In tutto spendono circa 6 milioni all’anno.