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Albania, l'Europa si schiera con l'Italia: le nuove regole sui rimpatri

Fausto Carioti
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Sui rimpatri degli immigrati irregolari e i centri in Albania, la Commissione Ue si schiera con l’Italia e promette tempi più rapidi. Lo fa senza ambiguità (sarà interessante vedere le reazioni dei Socialisti) e in un momento politicamente delicatissimo: una settimana prima che la Corte di giustizia di Strasburgo si riunisca per valutare se la normativa italiana sui Paesi sicuri (il decreto che i giudici nazionali si sono rifiutati di applicare, annullando i trattenimenti degli extracomunitari in Albania) è compatibile con il diritto dell’Unione. Succede nello stesso giorno in cui Friedrich Merz, leader della Cdu e probabile prossimo cancelliere della Germania, in un colloquio con la testata Politico, spiega che intende concludere accordi migratori con altri Paesi seguendo l’esempio italiano: «Perché non dovrebbe funzionare in Germania?». L’esecutivo di Bruxelles prende posizione tramite Magnus Brunner, commissario Ue per gli Affari interni e la migrazione, appartenente al Partito popolare austriaco (e dunque, come Merz, esponente del Ppe). È l’uomo attraverso cui passa il progetto che Ursula von der Leyen vuole copiare da Meloni: trattare con i Paesi di origine e di transito dei migranti ed estendere il “modello Albania” a tutti i governi degli Stati Ue interessati.

SINISTRA IN ALLARME
Brunner ieri ha incontrato Giorgia Meloni e i ministri Tajani, Calderone e Piantedosi. A palazzo Chigi si è presentato nel modo migliore: lunedì aveva definito «molto positivo», e fonte d’ispirazione per l’Unione, il protocollo che Meloni ha firmato col primo ministro albanese Edi Rama. Schietto quanto basta per far insorgere la sinistra italiana, dove il piddino Alessandro Zan ha parlato di «dichiarazioni sorprendenti» e Riccardo Magi, di Più Europa, si è detto «allibito», perché «il commissario interviene prima della sentenza della Corte Ue sui Paesi sicuri».

Segnali che fanno capire come sia cambiato il vento in questa legislatura europea, confermati anche durante i colloqui di ieri. Uscendo da palazzo Chigi, il commissario Ue ha assicurato che «siamo allineati su tutti i temi di cui abbiamo discusso, è stato un dialogo proficuo». Ha spiegato che il Patto Ue per l’asilo e la migrazione approvato a maggio (basato su accordi con i Paesi extracomunitari per impedire le partenze irregolari e favorire i rimpatri, e percorsi legali per far entrare lavoratori immigrati) è «un’ottima base», ma «non è sufficiente», perché «ci sono alcuni tasselli mancanti». Il primo dei quali è proprio una legislazione comune europea sui rimpatri, «che presenteremo molto presto, nelle prossime settimane». Ci sarà una proposta della Commissione, e anche per questo era necessario confrontarsi con l’Italia, «un partner molto importante quando si tratta di migrazione».

Il resto lo raccontano dagli uffici della presidente del consiglio. Brunner è arrivato a Roma anche perché gli uffici del governo e quelli di Bruxelles stanno lavorando al rafforzamento dei partenariati con i Paesi di origine e transito dei migranti, sul modello di quanto già fatto con Libia e Tunisia. Ci sono colloqui con l’Egitto ai quali stanno partecipando i vertici delle istituzioni europee: un mese fa Roberta Metsola, presidente del parlamento Ue, ha parlato di questo al Cairo con al-Sisi. La premier e il commissario Ue hanno discusso anche «del possibile anticipo del nuovo concetto di Paese sicuro di origine», al quale l’esecutivo italiano tiene molto. Questo è previsto per il giugno 2026, quando il Patto migrazione e asilo diventerà legge su tutto il territorio dell’Unione. Brunner vuole accelerare i tempi di applicazione del Patto: «È una priorità per quest’anno, dove possibile faremo le cose più velocemente».
Male sentenze dei giudici italiani, che hanno messo in discussione la compatibilità delle norme nazionali con quelle europee, rendono comunque necessaria una corsia preferenziale per l’elenco dei Paesi d’origine sicuri. Scolpirlo nel diritto Ue darebbe ai governi nazionali la certezza su quali sono gli immigrati le cui richieste d’asilo possono essere esaminate con procedura accelerata, anche trattenendoli in Paesi terzi come l’Albania, e renderebbe impossibili “blitz” come quelli compiuti nelle scorse settimane dai giudici delle sezioni per l’immigrazione e dai loro colleghi della Corte d’appello di Roma.

 

 

HUB EUROPEI
Proprio sul protocollo Italia-Albania, raccontano ancora da palazzo Chigi, Meloni e Brunner hanno «concordato di continuare a mantenere uno stretto raccordo operativo tra servizi della Commissione e autorità italiane». Mentre Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, ha insistito «sull’importanza di effettuare rimpatri in Stati terzi diversi da quelli di origine e la realizzazione di hub europei in cui fare confluire tutti i migranti irregolari presenti nel territorio della Ue». Trovando in Brunner, anche su questo, un interlocutore interessato e disponibile. Il governo italiano, insomma, sta facendo da battistrada, e in Europa è interesse di tanti che l’“operazione Albania” funzioni. Dietro Roma ci sono Berlino, Copenhagen, l’Aia e altre capitali, pronte a replicarla altrove.

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