Cerca
Cerca
+

La dittatura sovietica è stata sanguinaria, ma qualche compagno non conosce la storia

Marco Patricelli
  • a
  • a
  • a

Qualcuno avvisi Nicola Zingaretti che la storia non si scrive in Parlamento, nemmeno quello europeo come sostiene lui, ma solo perché è già scritta. Quindi basta conoscerla per non avere scrupoli né crisi di coscienza politica che impediscano di deplorare l’uso e nel non consentire l’esposizione dei simboli che rievocano i totalitarismi liberticidi del Novecento che si sono macchiati di crimini inauditi, come il nazismo e il comunismo sovietico, e nella contemporaneità quelli della Russia putiniana che ha aggredito l’Ucraina. Zingaretti invece, in qualità di capodelegazione del Pd, pur di non votare sì ha scelto di abbandonare l’aula col suo gruppo in nome della storia, ma solo quella che gli piace, un po’ addomesticata, fatta di “se”, di “ma” e distinguo di lana caprina. Via l’esecrata svastica delle SS, ma non falce e martello di contadini e operai che in gioventù gli hanno fatto battere il cuore dalla punta notoriamente orientata a sinistra.

Almeno mezza Europa, quella che all’appuntamento con l’Ue ci è arrivata tardi e solo in questo secolo perché per 45 anni è stata soffocata dal sistema sovietico, conosce sulla sua pelle cosa significano davvero quei due simboli che si vorrebbero vietare assieme alla croce uncinata. Vallo a spiegare a polacchi, ungheresi, cecoslovacchi, estoni, lettoni, lituani, se la bandiera rossa ha portato la libertà e la democrazia nel nome della sbandierata uguaglianza, oppure oppressione, terrore e orrore. Era l’altra faccia, uguale e contraria, delle radici e degli sviluppi della seconda guerra mondiale, in un perverso gioco degli opposti iniziato con la convergenza di nemici ideologici che col Patto Ribbentrop-Molotov il 23 agosto 1939 d’amore e d’accordo si spartivano mezza Europa. Adolf Hitler attaccava la Polonia il I settembre, Stalin l’aggrediva il 17, e Gestapo e Nkvd collaboravano scambiandosi persino i rispettivi prigionieri politici. E poi, fucilazioni, esecuzioni sommarie, imprigionamenti, deportazioni in lager e gulag, sostituzioni etniche.

 

 

Stesso destino dei Paesi Baltici, mentre gli affari prosperavano e la Wehrmacht per poter diventare la straordinaria macchina da guerra che avrebbe messo paura al mondo, fino all’Operazione Barbarossa poté contare sui rifornimenti di petrolio, ferro, manganese, gomma e materie prime che arrivavano a vagonate dall’alleata Unione Sovietica della falce e martello. Solo in questo periodo le vittime dei due totalitarismi ammontano a decine di milioni, ma sarebbe sbagliato sia farne una questione di contabilità sia uno sterile esercizio di calibrazione ed equiparazione di nazismo e comunismo. L’anticomunista viscerale Winston Churchill pur di battere Hitler disse che si sarebbe alleato col diavolo, e infatti lo fece con Stalin. Ma l’Unione Sovietica non combatteva per la vittoria della democrazia, e neppure per liberare nella marcia verso Berlino popoli e nazioni fagocitate dal nazismo, cui impose invece spietatamente il suo sistema. A Jalta Stalin l’Europa orientale se la prese con la forza, il cinismo e la brutalità, mentre in occidente c’era persino chi lo idolatrava, come in Italia. Dall’utopia sanguinaria della falce e martello al pesante fardello storico-ideologico da cui i nostalgici non sanno e non vogliono liberarsi.

Dai blog