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Ursula von der Leyen, "no" agli eco-talebani dell'auto: la svolta europea

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Sandro Iacometti
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«Approccio tecnologico aperto». È tutta qui, in queste tre parole, la svolta di Bruxelles che potrebbe salvare l’auto europea. La frase è contenuta nel documento diffuso dalla Commissione Ue con cui Ursula von der Leyen sembra intenzionata ad imprimere una provvidenziale sterzata al green deal ideologico e distruttivo (almeno per un comparto strategico della manifattura come l’automotive) fino ad ora venerato come un sacro comanda mento.

Il disastro provocato dai diktat Ue sull’auto elettrica, del resto, è ormai sotto gli occhi di tutti. Nel mese di novembre le immatricolazioni di autovetture in Europa hanno registrato una flessione del 2%, con 1.055.319 unità immatricolate rispetto alle 1.077.092 di novembre 2023. Negli undici mesi del 2024, la crescita si riduce pertanto solo allo 0,6%, con un totale di 11.876.655 unità, circa 75.000 auto in più rispetto alle 11.801.943 registrate nello stesso periodo del 2023, ma quasi 2,7 milioni in meno, ricorda l’Unrae, rispetto ai 14.542.126 del 2019 (-18,3%). Un caso a parte resta Stellantis, che a novembre ha fatto -10,8%, riducendo la quota di mercato dal 14,8 al 13,5%, mentre negli undici mesi ha venduto il 7,4% in meno, con una quota di mercato scesa dal 16,9 al 15,5%.

 

 

Di fronte ai dati delle immatricolazioni, ancora una volta catastrofici e ancora una volta impietosi sull’elettrico, con una flessione del 9,5% e una quota di mercato calata dal 16,3 al 15%, persino Elly Schlein si è convinta che sia necessario un intervento europeo. Solo che la segretaria del Pd, e con lei i socialisti europei da cui ieri si è recata in visita, non hanno alcuna intenzione di fare marcia indietro sulla transizione verde, ma di perseguirla a spese nostre: «Per accompagnare la conversione ecologica e affrontare i cambiamenti climatici abbiamo bisogno di investimenti comuni che puntino alla produzione necessaria per non soccombere alla competizione con le auto elettriche cinesi».

Di diverso avviso è, però, la ex pala dina del green deal von der Leyen, a cui i nuovi equilibri politici nel Parlamento europeo sembrano aver riportato un po’ di buon senso. In una nota di Bruxelles si annuncia che a gennaio partirà ufficialmente il Dialogo strategico, che coinvolgerà imprese, sindacati e governi, sul futuro dell’industria automobilistica per «sostenere questa industria nella profonda e dirompente transizione che ci attende» e «garantire che il futuro delle automobili resti saldamente radicato in Europa». In che modo? È presto detto: «Stimolare l'innovazione e la digitalizzazione basate sui dati, basate su tecnologie lungimiranti come l'intelligenza artificiale e la guida autonoma» e «affrontare questioni relative a posti di lavoro, competenze e altri elementi sociali del settore».

Ma, soprattutto, «semplificare e modernizzare il quadro normativo» e, udite udite, «sostenere la decarbonizzazione del settore, in un approccio tecnologico aperto». Il che suona molto simile a quanto invocato da mesi da diversi Paesi europei, Italia in testa, dalle confindustrie delle economie più avanzate, Francia, Germania e Italia, dai produttori europei di auto rappresentati dall’Acea e, non ultimo, dal Partito popolare europeo. Solo qualche settimana fa il Ppe, maggiore forza politica in Europa, ha approvato un documento in cui si chiede a Bruxelles di garantire un approccio «un approccio tecnologicamente neutrale al traguardo finale del 2035 (che prevede lo stop ai nuovi veicoli a benzina e diesel), per consentire l'uso un mix di tecnologie più ampio rispetto al solo elettrico e idrogeno, tra cui biocarburanti ed e-fuels».

Ora, è chiaro che tra il dire e il fare c’è di mezzo un oceano. Ma il documento della von der Leyen è chiaro: per invertire la rotta non sarà sufficiente dare un po’ di sussidi alle aziende in crisi, intervento che comunque andrà fatto per evitare la macelleria sociale, ma bisognerà cambiare le folli regole che ci hanno portato fin qua. Si troverà una maggioranza in Europa per farlo? I recenti successi dell’asse Ppe, Conservatori e Patrioti, che poi sono quelli che hanno vinto le ultime elezioni, lasciano pensare che ci sia più di uno spiraglio. E qualcosa inizia a muoversi pure al di fuori del centrodestra. Mentre la Schlein vuole buttare altri soldi nel pozzo senza fondo del green deal, persino il socialista Olaf Scholz ieri ha invitato la Ue a rimuovere le multe che scatteranno da gennaio per le case che non raggiungono i target di vendita delle auto elettriche. La sensazione è che alla fine gli ecodeliri saranno messi da parte. Il problema è quando. Il fattore tempo è cruciale. E ne abbiamo già perso troppo.

 

 

 

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