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Ursula, modello Albania e paesi sicuri: se anche l'Europa ora svolta a destra

Fausto Carioti
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Fatte le elezioni europee, insediata la Commissione e valutati i nuovi equilibri politici, Ursula von der Leyen può fare finalmente quel passo a destra nella lotta all’immigrazione irregolare che il governo italiano aspettava. La lettera della presidente della Commissione ai leader dei Ventisette è parte del rituale che precede il vertice che inizia oggi a Bruxelles, ma arriva proprio mentre la sinistra alza di nuovo l’attenzione sui centri in Albania. Che Giorgia Meloni promette di far funzionare, nonostante siano stati bloccati dai magistrati.

Nell’ordine del giorno inviato ai leader dei Paesi Ue dal socialista portoghese António Costa, nuovo presidente del Consiglio europeo, si prevede di ripartire dalle conclusioni della riunione precedente, che si era svolta a ottobre: in quel documento i capi di Stato e di governo proponevano di valutare «nuovi modi per prevenire e contrastare la migrazione irregolare, in linea con il diritto dell’Ue e internazionale». Formula interlocutoria, dovuta alla necessità di aspettare la nascita della nuova Commissione. Nodo che è stato sciolto nel frattempo, in modo soddisfacente per i Conservatori e per nulla gradito a Socialisti e Verdi: un esponente di Fdi come Raffaele Fitto ha avuto l’incarico di vicepresidente esecutivo.

Ora si può fare il salto che Meloni e altri capi di governo attendevano. La prima promessa di von der Leyen è che «un quadro legislativo più solido nell’area dei rimpatri sarà una delle prime grandi proposte del nuovo gabinetto, e una proposta per un nuovo approccio comune sui rimpatri sarà presentata prima del Consiglio europeo di marzo».

La presidente della Commissione si sbilancia anche in direzione del “modello Albania”, come mai avvenuto in precedenza. «Stiamo approfondendo la nostra analisi sui modi innovativi per contrastare la migrazione illegale, seguendo le priorità segnalate dagli Stati membri», scrive. In particolare, «sono in corso discussioni per mettere in pratica l’idea dei centri di rimpatrio in Paesi terzi», come sono appunto quelli albanesi.

Una parte importante di questo sforzo riguarda la partita che si sta giocando con la Corte di giustizia Ue. È stata una sentenza di quest’organismo, incaricato di garantire l’applicazione uniforme del diritto comunitario, a dare ai magistrati italiani l’opportunità di non convalidare i trattenimenti dei migranti portati in Albania. La sentenza dei giudici europei – almeno secondo le toghe italiane – ha minato il concetto di Paese extracomunitario «sicuro»: quello i cui cittadini possono essere condotti in Albania mentre la loro domanda d’asilo è esaminata, e rimpatriati se viene respinta.

La Corte di giustizia Ue è stata chiamata in causa dal tribunale di Roma e si pronuncerà tra qualche mese, ma la soluzione definitiva sarebbe la stesura di una lista “ufficiale” dei Paesi sicuri stilata dalla stessa Unione, anziché - come avviene adesso - dai legislatori nazionali. Questo è previsto che avvenga solo nel giugno del 2026, quando entrerà in vigore il nuovo Patto per la migrazione. Meloni, anche ieri, ha chiesto di anticipare i tempi, e von der Leyen è d’accordo: «Abbiamo già chiesto all’Agenzia Ue per l’Asilo di accelerare la sua analisi di specifici Paesi terzi che potrebbero essere designati come Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri, con l’obiettivo di elaborare liste a livello Ue».

Del resto, la collaborazione con gli Stati esterni è l’unico strumento che funziona. La stessa presidente della Commissione evidenzia che «nei primi undici mesi di quest’anno i dati relativi agli attraversamenti irregolari delle frontiere verso la Ue sono diminuiti del 40% rispetto al 2023». «Incoraggianti» pure i numeri sulla rotta del Mediterraneo centrale, quella che interessa l’Italia, il cui traffico si è ridotto del 59%. Per questo, spiega von der Leyen ai leader nazionali, «continuiamo a rafforzare le relazioni globali e strategiche con i principali Paesi di origine e di transito».

Fra gli esempi positivi cita gli accordi con Tunisia, Egitto, Libia e Marocco. Gli arrivi in Italia dalla Tunisia, in particolare, sono crollati dell’80% nel giro di un anno. Il sistema che Elly Schlein accusa di «esternalizzare il controllo delle frontiere senza tenere conto di rispetto della democrazia e diritti umani» è anche il modello che la Ue punta ora ad estendere su una scala più vasta. Per il Pd e altre forze di sinistra, la nuova legislatura europea assomiglia sempre più allo scenario peggiore.

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