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Vera difesa europea e libero mercato: cosa c'è dietro la ricetta Mattarella

Fausto Carioti
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Nel discorso di fine anno agli ambasciatori, Sergio Mattarella parla contro i dazi e fa un’accorata difesa del libero mercato, della Nato e del multilateralismo. Ricorda che nell’anno in corso «si sono svolte circa 60 elezioni generali» e che ci sono 56 conflitti in atto in tutto il globo, «il numero più alto dal tempo della Seconda guerra mondiale», per far capire gli enormi cambiamenti che stanno avvenendo. Non cita Donald Trump (come non cita altri leader), ma è evidente che alcuni di questi cambiamenti sono personificati dal prossimo presidente degli Stati Uniti. Invita quindi l’Italia e l’Europa a prepararsi all’impatto. Proseguendo su alcune strade già imboccate, come quella, che guarda all’Africa, del Piano Mattei (forse l’iniziativa del governo che il capo dello Stato cita più spesso e con più piacere), ed evitando di prenderne altre, come quelle che portano all’isolamento e al protezionismo.

Il ritorno di quest’ultimo su vasta scala sarebbe letale per un Paese la cui economia poggia sull’export (650 miliardi di euro nel 2024, in aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente, quarto Stato al mondo per volume di esportazioni). Il presidente della repubblica lo fa capire quando, dopo aver ricordato le crisi in corso, insiste sul tema dell’economia: «La pretesa dell’autosufficienza contrasta con la evidenza della realtà dei fatti. Si vorrebbe cancellare l’evoluzione del mondo degli ultimi tre secoli, invocando temi come la sicurezza nazionale per giustificare nuovi protezionismi». Anche se la tentazione di introdurre ostacoli al libero commercio è forte, avverte, non si può scordare che il prezzo lo pagano le famiglie e le imprese: «La Storia insegna che il protezionismo non ha mai portato vantaggi di lungo periodo, a volte è stato persino causa di conflitti armati, mentre il libero commercio – e questa è l’esperienza sviluppata dall’Unione europea- è un fattore di crescita formidabile».

 

 

Ben vengano, quindi, i trattati di libero scambio tra nazioni e tra interi continenti, «come nel caso del recente accordo tra Unione europea e Mercosur», il mercato comune dell’America meridionale. Anche perché «sono essi stessi veicoli di pace». Parole che piaceranno al presidente argentino e grande liberista Javier Milei, in questi giorni a Roma e stasera sul palco di Atreju, la kermesse di Fdi. L’approccio multilaterale che Mattarella promuove, comunque, non è un arroccamento sull’esistente. Il capo dello Stato non nasconde che certe istituzioni, oggi, sono inadatte al compito. Per questo sostiene che occorre «ripensare l’architettura e i metodi di lavoro delle organizzazioni internazionali, per portarle ad essere pienamente efficaci e coerenti».

Prepararsi ai nuovi tempi significa anche dotarsi di «una vera difesa europea», la cui creazione «non appare più procrastinabile». L’esempio che fa è quello della Nato, «alleanza difensiva chiamata a garantire la sicurezza dei popoli alleati scongiurandolo spettro della guerra». Serve qualcosa di simile a livello europeo, dunque, o una robusta “gamba” europea della stessa Nato. Realismo necessario oggi, viste le ambizioni della Russia di Vladimir Putin, e a maggior ragione dopo il 20 gennaio, quando da Washington inizierà a spirare un vento molto diverso da quello degli ultimi anni.

 

 

 

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