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Raffaele Fitto, la svolta a destra fa rosicare i compagni: ecco tutti i loro deliri

Francesco Storace
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Formidabile Fitto. La sinistra se l’è dovuto ingoiare, con il condimento di tanta ipocrisia un tanto al chilo e perdendosi per strada Verdi e fenomeni vari modello Salis. In particolare è il Pd a travestirsi da furbetto, che fino a ieri era dipinto come appartenente ad una specie di banda di estremisti. Arrivano a dire - lo fa il figlio del governatore della Campania, Piero De Luca - in maniera roboante, saccente e un po’ presuntuosa «vigileremo su Fitto». Si credono carabinieri, sono solo sconfitti.

Lo testimonia anche la dichiarazione dei socialisti europei che mette a verbale la necessità che il nostro ministro «sia europeista» e affermi «lo stato di diritto». Ma no? E allora perché avete strillato inutilmente? C’era bisogno di lanciare il consueto allarme democratico contro una personalità che non deve dimostrare proprio nulla? Ah, hanno chiesto anche che Fitto sia indipendente dal governo del suo Paese. Non hanno letto i trattati europei, che pongono il requisito come elemento base della carica ricoperta da tutti i commissari e non solo quello italiano. Perdonateli, perché non sanno ciò che dicono (o lo dimenticano facilmente).

 

 

 

Giustamente, potremmo dire, è Ilaria Salis ad arrabbiarsi, coerente almeno in questo. La deputata salvata dalla galera strilla ossessivamente, che il processo decisionale è stato una farsa: denuncia accordi sottobanco, scambi reciproci, audizioni svuotate di ogni significato. E che si aspettava in Parlamento? Provi a chiederlo al Pd. L’occupante di case teme un’Europa spostata a destra, ma non le hanno spiegato evidentemente che ogni Paese ha diritto ad esprimere un commissario, che questo commissario lo sceglie il governo e che in Italia il governo è di centrodestra. Non poteva certo nominare, che so, il compagno Raimo, tanto per farle un nome simpatico solo a lei e a quelli come lei. Raffaele Fitto ha tutti i requisiti per rappresentare l’Italia al punto che è stato nominato dalla von der Leyen vicepresidente della Commissione, su proposta di Giorgia Meloni. E loro rosicano.

 

 

 

C’è una sequela di dichiarazioni che fanno sorridere. La Salis non è sola ad urlare, lo fanno pure i Cinquestelle che non si sa bene che cosa pretendano da Fitto. Che proprio loro abbiano la faccia tosta di reclamare meritocrazia e competenza è roba da ultimo spettacolo di Beppe Grillo. I verdi annunciano pomposamente che nemmeno loro voteranno la Commissione Ue nella seduta plenaria di fine novembre mentre il Pd fa cento piroette. Non solo De Luca junior. Ma anche il furbissimo Francesco Boccia, capogruppo dei senatori del Pd, che quasi quasi vorrebbe spacciare come successo del suo partito la nomina del nuovo vicepresidente Ue: «La nomina a Fitto è una nomina alla Repubblica italiana, che è sempre stata cuore e braccia dell’Europa». Ma fino al giorno prima era vista come un pericolo. Poi il monito: «Il nostro augurio di cuore di buon lavoro a Fitto che rappresenta l’Italia intera e non un governo, di destra, questo deve essere chiaro, altrimenti saremmo all’opposizione». Pazienza. Lo dice all’italiano, ma la rabbia è contro la tedesca che lo ha promosso.

Ma il più grande di tutti si conferma Nicola Zingaretti, capodelegazione dem a Strasburgo, che si addentra in una specie di lezione di politica assolutamente inutile che si chiude così: «Il Partito Socialista europeo ha posto un grande tema che è una grande contraddizione che rimane: voler votare - è il buffetto contro Fitto - contro il programma europeista che sostiene questa piattaforma e poi candidarsi ad attuarlo e realizzarlo». Come se Zingaretti non sapesse quanto variabili sono le maggioranze in seno al Parlamento europeo...

Le chiacchiere stanno a zero. In Europa l’Italia è Paese fondatore ed ha avuto ciò che gli spettava, senza concessioni da parte del Pd, che mostra un volto addolorato per una vicepresidenza che cinque anni fa non ottenne con Gentiloni. Ma la ruota gira...

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