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Perfino i francesi l'hanno capito: la Meloni è l'unico leader in mezzo ai 7 euronani

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Corrado Ocone
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L’Unione Europea ha un futuro? E quale? Cosa è o vuole essere l’Europa? Queste domande sono state eluse dalla classe dirigente che ha governato a Bruxelles negli ultimi decenni, la quale non si è accorta che il mondo intorno a sé stava cambiando e che anche al proprio interno nuove esigenze si facevano largo e non potevano più essere ignorate. Il risultato è l’attuale impasse della Commissione, con forze politiche che vorrebbero continuare a far finta che tutto vada bene riproponendo scelte politiche suicide, con il motore franco-tedesco in panne. In questo scenario, l’elezione di Donald Trump, imprevista o esorcizzata dalle élite europee, ha il sapore di un richiamo alla realtà.

Essa non rappresenta un semplice avvicendamento alla Casa Bianca, ma un cambio radicale di paradigma che avrà presto effetti anche sul panorama internazionale. Con essa l’Europa dovrà fare i conti. In ballo c’è la sua stessa esistenza. Prima se ne accorge e meglio è, per tutti noi. Per difficile da digerire che possa essere per coloro che sono vissuti all’ombra delle antiche certezze, cioè per chi è ancora fermo ai paradigmi e alle categorie del vecchio secolo, proprio l’Italia del governo Meloni può rappresentare una risorsa, anzi l’ultima risorsa, non solo per riallinearci al nuovo mondo, ma anche per salvare il progetto europeo modulandolo in un modo più conforme ai nuovi tempi e alle richieste e ai bisogni dei popoli del continente.

 

 

Comincia ad accorgersene anche qualche osservatore straniero, mentre i media italiani continuano, nella stragrande maggioranza, a chiudere gli occhi davanti alla realtà, ad immaginare catastrofi, ad usare categorie come quelle di “fascismo” e “internazionale nera” che accostate a Trump e a Musk suonano a dir poco ridicole. Un’ importante presa di posizione è quella di Luc de Barochez, che sul numero in edicola del settimanale francese Le Point, che certo non può essere considerato di destra, ha firmato un editoriale intitolato: Giorgia Meloni, la risorsa europea dinanzi a Trump. De Barochez osserva la nuova centralità che l’Italia potrebbe avere come “ancora di stabilità di un’Europa divisa”. La Meloni, infatti,«forte della sua popolarità e della sua linea atlantista», si viene a trovare nella «posizione di costituire un prezioso tramite tra un'Europa scossa dagli eventi e l'America di Trump».

Già oggi, sottolinea l’editorialista, come una sorta di «Biancaneve circondata dai sette nani, la Meloni domina incontestabilmente il gruppo di leader europei, di cui gran parte sono rimasti allibiti davanti al risultato delle elezioni presidenziali americane». Vista nella prospettiva di de Barochez, anche l’interesse di Elon Musk per le vicende italiane, comunque la si giudichi, assume un diverso e preciso significato. Dopo tutto perché all’uomo più ricco della terra, al più visionario e innovatore degli imprenditori americani, dovrebbe interessare un Paese che fino a ieri era solo una piccola appendice provinciale di un Impero transatlantico? Eppure, non è forse Musk, allo stato attuale, il consigliere più ascoltato dell’uomo che siede alla Casa Bianca, colui con cui probabilmente Trump elabora strategie e progranmmi? Sulla stessa linea di analisi sembra collocarsi ache il Wall Street Jounal, che è il più diffuso e autorevole quotidiano finanziario del mondo, voce in qualche modo delle élite finanziarie. L’altro ieri il giornale ospitava un commento di Peter Rough e Daniel Kochis intitolato: Trump e Meloni: una amicizia promettente.

Nell’articolo, i due editorialisti, rilevando i molti punti in comune fra le idee della nuova amministrazione americana e quelle del governo Meloni, ritenevano probabile la nascita di un asse fra America e Italia capace di incidere sugli equilibri mondiali come fu quello che si creò a suo tempo fra Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Siamo sicuri che altri commenti di questo tipo, cioè seri e ponderati, compariranno nei prossimi giorni.

E presto anche i media italiani dovranno, almeno in parte, abbandonare quella partigianeria ideologica che non fa né vedere e né capire. Certo, sarà un brutto colpo per i tanti che pronosticavano l’isolamento internazionale del nostro Paese e il suo inesorabile declino per l’arrivo a Palazzo Chigi dei “barbari” e dei “fascisti”. Oggi l’italia è invece nelle condizioni di fare da traino ad un’ Europa che è, essa sì, in seria crisi. O almeno di costituire un ponte fra le due sponde dell’Atlantico, mai come in questo momento così lontane idealmente e politicamente.

 

 

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