Auto elettriche, "perseverare è diabolico": l'asse Italia-Germania per ribaltare l'Europa
L’apertura alla posizione italiana arriva dalla Germania. E la sigla il ministro dell’Economia, Robert Habeck. Consapevole della crisi esistenziale in cui versa il principale motore economico del Paese, l’automotive, l’esponente dei Verdi sposta il governo Scholz sulla linea portata avanti da Roma: anticipare di un anno, dal 2026 al 2025, la revisione delle norme stabilite dall’Unione europea sul taglio delle emissioni di Co2 di auto e veicoli commerciali.
Dopo un incontro con sindacati e aziende del settore, Habeck si è detto «felice di sostenere il desiderio dei partecipanti a questa tavola» di rivedere gli obiettivi stabiliti da Bruxelles prima della scadenza fissata, «in modo che i cambiamenti che probabilmente saranno strutturali nel mercato possano poi essere considerati negli obiettivi che sono stati stabiliti nel 2019». Certo, il ministro non si è spinto oltre e ha escluso l’ipotesi di presentare una proposta formale in Europa (come invece farà oggi il governo italiano), spiegando di non essere «favorevole a un abbassamento automatico degli obiettivi». Habeck ha anche ribadito il suo sostegno al regolamento Ue che prevede la messa al bando dei veicoli a diesel e benzina entro il 2035. Da esponente dei Verdi, non vuole «assolutamente» mettere in discussione il target della neutralità climatica per il 2050. Insomma, l’imperativo rimane “zero emissioni”.
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La posizione del ministro tedesco, dunque, è piuttosto cauta. Eppure ha incontrato il niet di Bruxelles. La scadenza del 2026 per la revisione delle norme «per il momento è appropriata», ha affermato un portavoce della Commissione Ue, commentando la richiesta italiana. La normativa che impone il target delle zero emissioni per le auto nel 2035 «è stata adottata un anno fa e include la clausola di revisione nel 2026» ha aggiunto il portavoce, ribadendo che «tutti gli strumenti per raggiungere l’obiettivo ci sono». Un’apertura è invece arrivata per i carburanti sintetici.
In ogni caso, la strada per un’eventuale modifica delle norme non è in discesa. Qualunque cambiamento, infatti, dovrà essere concordato dalla Commissione con i Paesi membri e con il Parlamento Ue. Durissima la reazione di Matteo Salvini alle posizioni espresse da Bruxelles. «Non ascoltano nessuno, massacrano le aziende, mettono a rischio 14 milioni di posti di lavoro, fanno un favore alla Cina. Cara Ursula, errare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Lega e Patrioti pronti alle barricate!» ha dichiarato in una nota il vicepremier e leader della Lega.
Del resto la linea del governo è chiara. E la esporrà oggi Urso a Bruxelles. «Non si può lasciare nell’incertezza assoluta imprese e consumatori su quali saranno le decisioni che poi comunque prenderemo alla fine del 2026. Altri due anni di incertezza porterebbero al collasso dell’industria dell’auto europea, anticipare è buon senso» ha spiegato il ministro delle Imprese che oggi illustrerà il piano di Roma ai parlamentari italiani a Bruxelles e al meeting sull’automotive promosso dalla presidenza ungherese. Domani il progetto sarò sul tavolo del Consiglio Competitività. Urso ha rivendicato il consenso crescente che il piano del governo sta riscontrando in Europa, sia a livello politico che nel mondo imprenditoriale. Anche l’organismo che riunisce i produttori tedeschi, la Vda, ha sottolineato l’urgenza di un intervento per il settore: «Non stiamo vivendo una crisi dell’industria automobilistica, stiamo vivendo una crisi della Germania come luogo di business». Per l’associazione, «la competitività e l’attrattiva devono ora diventare la massima priorità politica a Berlino e Bruxelles».
Sul piano politico, invece, significativa è la netta presa di posizione del candidato cancelliere per i popolari della Cdu alle elezioni dell’anno prossimo, Friedrich Merz. Il leader dei cristiano -democratici ha detto infatti di essere favorevole all’eliminazione dello stop ai veicoli con motore tradizionale dal 2035. «Siamo a favore della revoca di questo divieto, perché pensiamo che sia sbagliato» ha dichiarato Merz, aggiungendo di essere d’accordo anche sull’ipotesi di anticipare la revisione degli obiettivi. Anche perché lo stato di salute dell’economia tedesca desta sempre più preoccupazione. A settembre, l’indice Ifo sulla fiducia delle imprese ha registrato il quarto calo consecutivo, toccando gli 85,4 punti, in discesa dagli 86,6 di agosto. Insomma, le prospettive per i prossimi mesi continuano a peggiorare. Con il settore manifatturiero che arranca ancora di più, visto che l’indice è sceso al livello più basso da giugno 2020.