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Il dossier di Ursula, i giornali italiani e lo strano rapporto tra fatti e propaganda

Gianluca Paragone
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L’altro giorno ho partecipato a Metropolis, la trasmissione di RepubblicaTv condotta dall’amico Gerardo Greco, uno dei pochi giornalisti, col sottoscritto, ad aver lasciato un contratto a tempo indeterminato come dirigente in Rai: una follia che oggi però ci permette di parlare dell’azienda con la massima libertà. Non sono quasi mai d’accordo con Gerardo e il suo giro di ospiti, molti presi dalla redazione del quotidiano; forse è per questo che ci vado, preferisco discutere con chi la pensa diversamente da me.

Ieri l’altro si parlava del famoso rapporto dell’Unione europea e dell’uso distorto che il giornale di Molinari ne ha fatto. Perché lo abbia fatto è facile: è l’unico modo che hanno per tenere aggregata una comunità di lettori che perde sempre più affiliati. E anche testate: l’ultima- Il Secolo XIX- l’hanno venduta al patron di Msc crociere Gianluigi Aponte.

 

 

Del rapporto ormai sappiamo tutto ed è persino inutile ripetere che la montagna di polemiche nasca non solo dal rapporto “tecnico” quanto dalla relazione compilata da alcuni gruppi di interesse: in fin dei conti è un po’ quel che ammette lo stesso Molinari quando dice che la sua azienda editoriale deve rispondere ai suoi lettori. E tanto basta per sentirsi dalla parte della Ragione. Ognuno tira l’acqua al proprio mulino. Ed è facile riepilogare che Repubblica fa l’interesse dei suoi lettori attaccando il governo; che se non lo facesse perderebbe ancor più lettori (quindi “potere”); ergo i rapporti tra Repubblica e il governo non sono idilliaci. Ci sta.

Quel che non ci sta è ergersi a garanti della verità acquisita, del giornalismo senza macchia e senza peccato dell’unico Verbo. A quel punto è persino giusto che la Meloni faccia ciò che a mente fredda un premier non dovrebbe fare: rispondere e dare importanza a questi inossidabili Crociati, i quali nel montare la panna delle Idee si perdono le notizie vere, tipo che l’economia italiana cresce più di quella tedesca; che il numero degli sbarchi si è drasticamente ridotto e così via; che la Meloni sta tessendo importanti reti diplomatiche.

L’informazione sta male? Sì, sta messa maluccio. E non perchè sia sotto attacco del governo ma perché è afflitta da un leccaculismo olimpico, del quale le tracce erano evidentissime con Draghi premier. L’Europa si permette di dare giudizi di tenuta democratica? Beh, allora vale la pena ricordare che, come ho ben ricostruito nel mio libro, il New York Times - nota rivista no vax e antisistema - ha portato in tribunale la presidente von der Leyen e l’intera Commissione Ue con l’accusa di aver impedito una inchiesta giornalistica circa la negoziazione per l’acquisto dei vaccini. Al giornale americano - e al tedesco Bild che aveva posto una richiesta analoga - erano state negate informazioni importanti così come erano stati preclusi i famosi sms tra la presidente Ursula e il ceo di Pfizer, Albert Bourla, su un contratto miliardario.

Nell’atto di citazione in giudizio si evidenzia come la Commissione abbia negato la trasparenza, anzi abbia persino coperto la cancellazione degli sms sostenendo che dopo un po’ di tempo può capitare. In attesa della sentenza sul caso di specie, la Corte di giustizia europea ha già sanzionato la signora Ursula proprio per aver ostacolato la trasparenza e l’accesso agli atti al parlamento! Questa cosa l’ho ricordata agli amici di Repubblica durante la loro trasmissione ma ovviamente io ero il novax, il negazionista cattivo e tutto quel blablabla piatto forte della casa quando deve zittire chi antepone la cronaca alle opinioni.

Così come nessuna risposta rispetto ad altri fatti che ho ricordato (dalla tesi di laurea copiata dalla von der Leyen al bavaglio messo dalla commissione Ue sul sabotaggio del gasdotto North Stream): «Ma che c’entra...». Già, quando ci sono di mezzo le notizie vere e non le ricostruzioni, nulla c’entra. Eccetto la propaganda. Di cui sono campioni olimpici.

 

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