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Ursula incassa il bis, ma il suo esordio è stato deludente

Roberto Formigoni
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Ancora due donne a capo delle principali istituzioni europee, l’una è Roberta Metsola, maltese, popolare, riconfermata presidente del Parlamento europeo col 90% dei voti. Si era mossa molto bene, fu la prima a recarsi a Kiev, ha ben meritato.

L’altra è Ursula von der Leyen, tedesca, popolare anche lei, riconfermata Presidente della Commissione con soli 40 voti in più dei 361 necessari, voti che le sono arrivati da popolari, socialisti, liberali e verdi.
L’appoggio della Meloni e del suo gruppo, di cui si era tanto parlato, non è arrivato perché il discorso della candidata non avrebbe offerto le necessarie garanzie. Non sarà una navigazione facile, quella di von der Leyen, né il discorso di insediamento è stato granché. Nessuno si aspettava novità rivoluzionarie, ma almeno qualche guizzo, una visione coerente del futuro al passo con i tempi. Invece, davanti a un emiciclo diviso, nevrotico, per lo più critico dei risultati del suo primo mandato, la presidente è apparsa uguale a se stessa. Nulla del “cambiamento radicale” invocato da Mario Draghi come indispensabile per la sopravvivenza della Unione schiacciata dai suoi pesanti ritardi tecnologici, economici, finanziari e competitivi, e minacciata da una spietata concorrenza globale. Il suo è stato un gioco di equilibrismi dialettici, sparsi e dosati nell’opportunistica distribuzione di concessioni a destra e a manca, funzionali alla ricerca della maggioranza necessaria.

In breve, continuità sostanziale delle politiche in essere, la promessa di nuovi portafogli in Commissione sui temi ritenuti più caldi: semplificazione e sburocratizzazione a favore dell’industria, soprattutto piccola e media, difesa per spendere e produrre di più e meglio, Mediterraneo per controllare l’immigrazione illegale, casa per rispondere a un’emergenza sociale diffusa.

Sul tema energetico ed ecologico, la vecchia dizione “Green Deal” ha lasciato il posto alla nuova “Industrial Clean Deal” per dare all’industria tedesca e italiana l’idea della rottura con il recente passato ideologico e iper-regolatorio. E poi maxi-investimenti di cui si favoleggia da anni, aiuti all’Ucraina, allargamento, riforma dell’Unione con revisione dei Trattati. Tutti temi indispensabili, di cui si parla da anni, ma elencati senza un briciolo di concretezza o di novità. Davvero pensiamo che sia sufficiente? C’è già chi parla di una vita breve di questa Presidenza. Che Dio benedica l’Europa!

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