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Il voto in Francia è un altro messaggio agli euro-mandarini di Bruxelles

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 La supersintesi è fin troppo chiara: più Micron che Macron. Ma, per arrivare a questa conclusione, facciamo un passo indietro. Anche l’elettore, proprio come il postino del celebre romanzo di James Cain, bussa sempre due volte. L’8-9 giugno scorso, alle Europee, pur essendosi confermata nei 27 paesi una striminzita maggioranza numerica a favore dei tre partiti della vecchia maggioranza (popolari, socialisti, macronisti), i cittadini di Germania, Italia e Francia avevano comunque chiaramente indicato una sterzata a destra. In Italia, con un forte successo di Giorgia Meloni, mentre a Parigi e Berlino con i partiti di governo addirittura doppiati dalle principali forze di opposizione di centrodestra.

E ieri sera, com’era ampiamente prevedibile, è arrivato il secondo squillo in Francia, con un robusto successo del partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella (che vedono per domenica prossima la possibilità concreta di centrare la maggioranza assoluta dei seggi) e una secca sconfitta inflitta alla formazione del presidente Emmanuel Macron, che pure i giornali italiani - con sprezzo del pericolo - avevano elogiato per il “grande spariglio” della convocazione delle elezioni politiche anticipate. Risultato? Macron è ora largamente delegittimato, e al secondo turno (nemesi ulteriore) si prepara - guidato dalla disperazione politica - a sostenere in molti collegi della Francia i candidati di quella sinistra estrema che detesta e da cui è ugualmente detestato. 

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