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Meloni alza la posta e Mattarella sta con lei: nomine Ue, il retroscena

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La vicepresidenza della Commissione Ue all’Italia è un’ipotesi concreta, ma non basta a garantire l’appoggio di Giorgia Meloni al pacchetto delle nomine. Detta con le sue parole: «Non intendo sostenere una tesi diversa da quella nella quale credo, semplicemente per chiedere in cambio un ruolo che all’Italia spetta di diritto». Al momento ci sono due ostacoli, grossi. La premier li indica mentre illustra alla Camera ciò che andrà a dire agli altri leader nel Consiglio Ue che inizia oggi. Il primo è «la logica dei caminetti», con cui si è arrivati al mazzo di nomine per le massime cariche che i ventisette dovrebbero approvare a Bruxelles. Il metodo per cui «alcuni pretendono di decidere per tutti». Il riferimento è ai sei che hanno preparato l’accordo che gli altri ventuno sono chiamati a sottoscrivere: il greco Kyriakos Mitsotakis e il polacco Donald Tusk per il Ppe, lo spagnolo Pedro Sánchez e il tedesco Olaf Scholz per i Socialisti, il francese Emmanuel Macron e l’olandese Mark Rutte per i liberali di Renew Europe. Le tre famiglie della vecchia “alleanza Ursula”, due delle quali uscite a pezzi dal voto. (...)

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