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Macron e Scholz a picco, il governo italiano è quello che pesa di più a Strasburgo

Enrico Paoli
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C’è più Italia in Europa di quanto vadano sostenendo le cassandre di sinistra, ancora lì a leccarsi le ferite per lo scarso risultato ottenuto alle ultime elezioni europee. E se il Belpaese (nell’accezione positiva del termine) oggi pesa tanto nel contesto europeo, lo si deve alla maggioranza di centrodestra che sostiene il governo guidato da Giorgia Meloni, capace di mettere dietro, tanto a Strasburgo quanto a Bruxelles, i presunti pesi massimi del vecchio continente, come Francia e Germania. In buona sostanza i tre partiti di governo italiani godono di ottima salute, essendo di sana e robusta costituzione, mentre i partner francesi e tedeschi annaspano, navigano a vista, dopo la mazzata delle europee.

A dirlo è l’analisi del peso complessivo dei seggiottenuti dai partiti al governo nei 27 Paesi della Ue, in rapporto al totale degli eletti. Non senza una certa sorpresa l’Italia si piazza al quinto posto con il 52,63%, preceduta solo da Croazia, Romania, Irlanda e Belgio (con l’esecutivo dimissionario dopo il crollo nelle urne), che oscillano fra il 58 e il 54%. Dietro di noi Ungheria, Polonia, Cipro, Lussemburgo e Malta con il 50%.

 

 

 

Ma è con maggiore sorpresa che si scopre come la Francia, con il 16%, sia all’ultimo posto e la Germania al 24, con il 32,29%, mentre Austria e Spagna galleggiano a metà strada con il 35% e il 34%. Senza tanti giri di parole la classifica certifica, in modo inequivocabile, come i tentativi di tagliare fuori l’Italia dai giochi europei, in particolare da parte di Macron e Scholz, non siano supportati dai numeri. Anzi, sono lì a dimostrare l’assurdità delle loro manovre. Il cancelliere tedesco, indifferente alla pesante sconfitta rimediata delle europee, starebbe già lavorando alle nomine e punterebbe alla rimonta nel 2025.

Uscito fortemente ridimensionato dalle elezioni, Scholz è sotto pressione nel suo partito, e pure gli alleati gli hanno presentato il conto, chiedendogli una svolta o, meglio ancora, un passo indietro. La scivolata contro Giorgia poi («Non è un segreto che sia all’estrema destra dello spettro politico»), ha contribuito ad aumentare il suo isolamento. La resa dei conti, spiegano gli addetti ai lavori tedeschi, potrebbe esserci il 4 luglio, con la discussione sul bilancio.

E non va certo meglio in Francia dove Macron è letteralmente sulla graticola, anche se Marine Le Pen non chiederà le dimissioni del presidente in caso di vittoria. La promessa della leader del Rassemblement National parte dalla convinzione di avere le prossime elezioni legislative, convocate da Macron stesso dopo i risultati delle europee, a portata di mano.

 

 

 

«Io sono rispettosa delle istituzioni, non chiedo il caos istituzionale, ci sarà semplicemente la convivenza», promette la Le Pen che definisce il Nuovo Fronte Popolare «un abominio per il Paese». Di fronte all’avanzata elettorale del centrodestra in Europa i partiti di sinistra francesi, in poche ore, hanno realizzato ciò che non erano riusciti a fare per anni: una nuova alleanza con cui presentarsi alle legislative anticipate del 30 giugno e 7 luglio indette dal presidente Macron. Una doppia debolezza, quella della sinistra e del presidente, tanto evidente da essere bel problema per i francesi.

Insomma, Parigi e Berlino non sono mai state così deboli come oggi, e i loro assalti a Roma, in particolare al governo in carica, assomigliano sempre più al ruggito del coniglio o ai latrati di un cane al quale è stato sottratto l’osso. Non solo.

Alla luce dell’analisi sul risultato del voto legato al peso dei partiti di governo sul totale degli eletti, i due Paesi rischiano di non avere più la forza politica ed elettorale per esercitare la golden share sul Parlamento europeo, come hanno sempre fatto fino ad oggi, a discapito di tutti gli altri Paesi. Stavolta, e l’occasione è storica, l’Italia non potrà essere né derisa né danneggiata. E con noi gli altri Stati considerati di seconda fascia, soprattutto quelli guidati da maggioranze di centrodestra La forza della coalizione tricolore nella partita europea, di fatto del governo guidato da Giorgia Meloni, essendo il risultato delle urne strettamente legato al suo nome, sta tutta in quei dettagli, destinati a diventare elementi centrali nei prossimi giorni.

Non a caso il vicepremier di Forza Italia e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha già provveduto ad alzare l’asticella. «Nella nuova Commissione europea l’Italia dovrà avere un vicepresidente con un portafoglio importante». Che, volendo, sarebbe quasi il minimo sindacale. Perché dietro all’Italia, ora, c’è chi dava le carte. Con il mazzo nuovo cambia anche il croupier...

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