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Ursula von der Leyen, le ombre nella sua carriera: chi è la donna che deve tutto a Merkel

Carlo Nicolato
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La prima donna a capo della Commissione, in contemporanea con la prima donna a capo della Bce, e forse anche la prima donna a essere riconfermata, dal momento che Ursula Von Der Leyen è la spitzenkandidat dei Popolari europei, il gruppo dato per vincitore alle imminenti elezioni.

Un record che solo lei, tedesca nata a Bruxelles 65 anni fa, poteva tutto sommato stabilire dopo essersi fatta le ossa in patria in vari ministeri, da quello della Famiglia a quello della Difesa, passando per quello del Lavoro. Tutti rigorosamente sotto i quattro cancellierati di Angela Merkel alla quale Ursula deve in pratica tutta la sua fortunata carriera politica.

Figlia di Ernst Albrecht, funzionario della Comunità europea del carbone e dell’acciaio prima e poi della Comunità economica europea, Ursula tornò in Germania, nella Bassa Sassonia, quando il padre nel 1976 divenne premier nello stesso land.

 

 

La laurea in medicina, conseguita nel 1987 ad Hannover, in pratica non le è servita a niente, se non a incontrare il medico Heiko von der Leyen, discendente di una nobile famiglia tedesca, dal quale prende il cognome e con cui ha 7 figli. La sua originale passione in realtà era la stessa del padre, la politica, iniziata a livello di studi già sul finire degli anni ‘70, e ripresa più tardi nel 1990 quando entra nella CDU e poi attivamente nel 2001, sempre ad Hannover. Nel 2003 entra nel parlamento della Bassa Sassonia, nello stesso anno diventa ministra degli Affari Sociali del land e nel 2005 arriva la chiamata della Merkel alla Famiglia.

È tuttavia alla guida del ministero della Difesa dal 2013 al 2019 che Ursula si fa un nome anche al di fuori dei confini, e non è sempre per motivi di merito. Von der Leyen viene infatti implicata in vari scandali mai chiariti, tra i quali quello sull’uso illecito di consulenti esterni, tra cui Accenture e McKinsey, e quello secondo cui il suo ministero avrebbe aggirato le norme sugli appalti pubblici nell’assegnazione di contratti per milioni di euro alle imprese. Un altro riguarda la ristrutturazione della nave scuola a tre alberi della marina tedesca, la Gorch Fock, costata 10 volte la cifra prevista. È dunque una sorpresa per molti quando il suo nome viene fatto per la Commissione.

«Con lei al ministero le condizioni della Bundeswehr sono diventate catastrofiche» disse ad esempio Rupert Scholz, ministro della Difesa sotto Helmut Kohl. Lo spitzenkandidat del Ppe in realtà era Manfred Weber, ma il presidente francese Macron si mise di traverso. Si trovò un accordo sulla Von Der Leyen sulla base del fatto che fosse meno esposta e comunque tedesca, ma soprattutto fosse sponsorizzata dalla Merkel.

 

 

La maggioranza Ursula nasce invece politicamente sul patto di sostenibilità e il passaggio alla green economy, la vera e imprescindibile missione che la nuova presidente della Commissione affronta con zelo quasi maniacale. Il furore green tuttavia viene subito offuscato dall’inaspettato, l’arrivo della pandemia di Covid. Nella nuova situazione certamente non semplice la Von der Leyen, dopo ritardi e confusione, risponde con misure senza precedenti, ultima delle quali la creazione di debito comune per far ripartire le economie dei ventisette. È la prima volta che l’UE produce strumenti di debito comune e la Von der Leyen tutto sommato ne esce bene, anche se non mancano gli scandali, come quello relativo ai messaggi cancellati con il Ceo di Pfizer per i quali è ancora sotto accusa. Di fronte alla necessità di far ripartire l’economia, Ursula opta per la sospensione del patto di stabilità con i suoi limiti alla spesa pubblica e allenta anche le maglie sugli aiuti di Stato. Ma l’Europa non è ancora uscita dal terremoto del Covid che arriva un’altra emergenza, l’invasione russa in Ucraina.

Con la nuova crisi la Von der Leyen si allinea agli Usa, la Commissione vara le sue sanzioni a Mosca e promette l’adesione all’UE al presidente ucraino Zelensky con una facilità per alcuni eccessiva. Un mandato difficilissimo quello di Ursula, bisogna dargliene atto, ma se non verrà confermata non sarà per come ha governato, ma per aver aperto a possibili alleanze con la destra conservatrice. Una colpa imperdonabile agli occhi della sinistra. 

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