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Europarlamento, boom dei Conservatori? Attenzione all'incognita dei "non iscritti"

Daniele Dell'Orco
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La diarchia europea che governa l’emiciclo di Bruxelles dal 1979 sta traballando. Si tratta dell’alleanza formata tra i socialisti (S&D) e i popolari (PPE). Questa Santa Alleanza, da sempre obbligatoria per raggiungere la maggioranza assoluta dei voti (361 su 720) necessaria per evitare estenuanti trattative in aula, ma pure per eleggere il Presidente della Commissione europea, ha sempre retto. Almeno fino a cinque anni fa, quando il calo dei consensi dei due gruppi che nel 2004 totalizzavano 479 seggi e negli anni sono diminuiti fino ai 317 attuali, ha reso necessario l'ingresso nella maggioranza in pianta stabile anche dei liberali di Renew Europe.

Con la tornata attuale questa “grande coalizione” subirà un nuovo scossone, con un travaso inevitabile di voti verso l’ala destra dell'emiciclo composta dai Conservatori di ECR e dalla destra identitaria di ID, ma pure verso una frangia di “non iscritti”, ossia parlamentari in attesa di trovare eventuale collocazione, che si preannuncia più corposa che mai. E difatti, proprio fuori da questo “arco costituzionale”, a seconda dei risultati, alcuni gruppi proveranno a pescare i numeri necessari per spezzare il duopolio.

 

Impresa non impossibile, ma complicata da un certo calo nell'emorragia di voti delle sinistre e dei partiti green negli ultimi sei mesi e dalle grane interne alle formazioni di destra come l'espulsione del partito radicale tedesco Alternative für Deutschland dal gruppo ID. I suoi eletti, più o meno 15, con cui comunque molti faticavano a interloquire anche prima, saranno in sostanza incollocabili.

Un risvolto rilevante sarà capire chi tra ECR (che crescerà) e Renew Europe (che calerà) diventerà il terzo gruppo più grande. Sei Conservatori capitanati da Fratelli d’Italia (destinata almeno a raddoppiare i 10 eurodeputati attuali) faranno bottino grosso, aumenterà anche il loro potenziale attrattivo nei confronti di altre sigle sovraniste e potrebbe far avverare così il sogno di ogni elettore di destra: veder nascere un unico grande gruppo con gli attuali componenti di ECR (Fdi, i polacchi di PiS, gli spagnoli di Vox, i francesi di Reconquete, belgi, olandesi, tedeschi e scandinavi) e il Rassemblement National di Marine Le Pen, gli ungheresi di Fidesz, i portoghesi di Chega, i rumeni di AUR (questi ultimi due destinati ad entrare per la prima volta a gamba tesa a Bruxelles con almeno 12 membri), ma anche la stessa Lega e un’altra mezza dozzina di sigle minori. Se ciò accadesse, questo nuovo gruppo potrebbe potenzialmente essere il secondo più grande nel nuovo Parlamento, davanti ai socialisti.

Ciò dipenderà dai risultati ma pure dal premier Giorgia Meloni, al momento il faro per tutte le destre europee ma proprio per questo investita dalla responsabilità politica di trovare la formula per non compromettere la propria posizione e continuare a fare la voce grossa nella nomina del prossimo Presidente della Commissione Ue e non solo.

Al contrario invece in Renew, capitanato da En Marche di Emmanuel Macron, ci sono le porte girevoli. Basti pensare che, al di là del calo di consensi già atteso da vari membri, nel gruppo che fonde il Partito Democratico Europeo (PDE) e l’Alleanza dei Liberali e Democratici (ALDE) ci sono soggetti politici ascrivibili tra le “talpe” della destra. Ad esempio il VVD olandese, il partito liberale di Mark Rutte che secondo gli exit poll di due giorni fa dovrebbe guadagnare 4 seggi, e che rischia l'espulsione da Renew a causa della sua alleanza in patria con la destra di Geert Wilders (Pvv), che invece ne otterrà almeno 7 o 8 (al momento in Europa è nel gruppo ID). 

 

Ma pure i cechi di ANO, il partito dell'ex primo ministro Andrej Babis che dopo la chiusura dei seggi di ieri (si è votato anche in Irlanda ma senza exit poll) è dato in vantaggio sulla coalizione governativa Spolu dell’attuale premier Petr Fiala. Babis è soprannominato “nuovo Trump”, già tutto un dire, fa della politica anti-immigrazione il suo mantra e negli ultimi mesi è interlocutore preferito di Viktor Orban. Potrebbe eleggere 8 onorevoli e cosa ci faccia ancora con i macronisti resta un mistero. Tra “impresentabili”, esordienti e potenziali cambi di casacca potrebbero esserci circa 130 deputati ballerini. Accaparrarsene un po’ potrebbe voler dire davvero ribaltare la politica continentale.

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