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San Marino, lite sull'ingresso in Europa: uno scontro senza precedenti

Matteo Legnani
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Il prossimo 9 giugno, mentre gli italiani andranno a votare per eleggere il nuovo Parlamento europeo, circa 20mila sammarinesi si recheranno alle urne per le elezioni politiche del piccolo Stato che si trova tra Emilia Romagna e Marche. Per la precisione, sceglieranno i 60 membri del Consiglio Grande e Generale, il Parlamento monocamerale di San Marino che sta in carica per cinque anni e che dovrà decidere sui futuri rapporti con l’Unione europea.

Il meccanismo di voto è quello proporzionale, ma se nessuno dei partiti o delle coalizioni in lizza raggiunge la maggioranza (né riesce a raggiungerla post-voto tramite accordi con altre forze) è previsto un ballottaggio e la lista vincente prenderà la maggioranza dei seggi, potendo così procedere alla formazione del Congresso di Stato, che è il governo formato da 10 segretari (ministri) ed è presieduto da due Capitani reggenti, la cui carica dura a turno sei mesi. In occasione delle ultime lezioni politiche, quelle svolte nel 2019, ci fu un autentico ribaltone rispetto alle precedenti, con tutte le forze allora all'opposizione che andarono al governo.

Tra queste, la parte del leone la fece quella che, storicamente, è la forza politica preponderante a San Marino, il Partito Democratico Cristiano Sammarinese (PDCS), che uno dei suoi principali esponenti non esita a chiamare «Democrazia cristiana». Luca Beccari, 50 anni, ne è stato vice-segretario dal 2014 al 2017 e ne è presidente del Consiglio centrale (la direzione) dal 2017. È stato Capitano reggente di San Marino nei sei mesi tra aprile e ottobre 2014 e negli ultimi cinque anni ha ricoperto l’incarico di Segretario (ministro) di Stato per gli Affari Esteri, uno dei cinque membri del suo partito a far parte del Congresso di Stato.

OCCHIO AI SONDAGGI
La sua Democrazia cristiana si presenta come prima forza politica del Paese anche a questa tornata. I sondaggi che girano da alcune settimane gli attribuiscono una ventina di Consiglieri (sui livelli della scorsa legislatura, in cui ne aveva 21). «Ma - avverte - i sondaggi, su una massa critica di elettori così bassa lasciano il tempo che trovano perché la scelta del campione può cambiare notevolmente le cose». Il 9 giugno, il PDCS si presenterà in coalizione con Alleanza Riformista, che è una piccola forza di centrosinistra alla quale i sondaggi attribuiscono tre consiglieri, in una coalizione centrodestra-sinistra che nell’Italia della seconda repubblica sarebbe impensabile (come peraltro lo sarebbe rievocare il nome Democrazia cristiana). Non bisogna essere laureati in matematica per far di conto e capire che la coalizione non arriverà alla fatidica soglia dei 30 consiglieri più uno, che le permetterebbe di formare autonomamente il nuovo governo di San Marino.

Per scongiurare l’ipotesi del ballottaggio, la strada sarà quella di un’intesa post-voto. Che, nelle previsioni di Beccari potrebbe realizzarsi con l’altra coalizione formata da Libera San Marino (una forza socialista-democratico-ambientalista che prese 10 consiglieri nel 2019) e dal Partito dei Socialisti e dei Democratici (PSD, che ne ebbe 4). «Servirà una maggioranza forte e stabile, perché nella prossima legislatura San Marino approderà finalmente all’Accordo di associazione con l’Unione europea, al quale abbiamo lavorato nel corso dello scorso mandato e a seguito del quale entreremo finalmente nel mercato unico europeo» spiega Beccari, aggiungendo che il passaggio renderà necessari «adeguamenti e riforme che avranno un’importanza capitale per il futuro del nostro Paese in termini di circolazione dei beni, servizi e lavoro».

AVVERSARI
La sua coalizione dovrà vedersela con quella formata da Repubblica Futura (una forza centrista che nel 2019 si aggiudicò 6 consiglieri) e da Domani Motus Liberi (che si colloca al centro-destra con un’impostazione di moderato euroscetticismo e che cinque anni fa prese 4 consiglieri), con i movimentisti di Demos e con gli ambientalisti euroscettici del Movimento Civico R.E.T.E. Cinque anni fa, l’affluenza alle urne fu di poco superiore al 55%, ma il dato ufficiale non tiene conto dei circa 15mila sammarinesi sparsi nel mondo. Quello reale sfiora l’80%, con 18mila sammarinesi che sono andati alle urne su 22mila residenti aventi diritto. Un dato che da noi sarebbe sorprendente, come lo sarebbe anche un’intesa di governo tra centro e sinistra o chiamare un partito, nel 2024, Democrazia cristiana.

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