Prandini contro l'Ue: "Solo promesse, serve agire subito"
«Sin da subito avevamo individuato Bruxelles come l’epicentro delle discussioni e delle decisioni che riguardano l’agricoltura. E lì dove si fanno i regolamenti e le direttive che poi spetta agli Stati membri applicare. I singoli Paesi hanno in mano solo l’ultimo passaggio di attuazione. Per questo ci siamo concentrati su Bruxelles». Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ieri si trovava nella capitale belga con tremila agricoltori per chiedere un cambio di passo sulla Pac, la Politica agricola comune, in occasione del Consiglio dei Ministri Ue Agrifish, spiega a Libero i motivi della protesta. Ma ci tiene a prendere le distanze dai disordini e dalle violenze scatenate da alcuni gruppi di manifestanti. «Le nostre sono mobilitazioni condotte con determinazione per avere risposte chiare ai bisogni delle nostre imprese. Gli atti di violenza non ci piacciono e non ci appartengono».
Presidente Prandini, quali sono le vostre richieste?
«Oggi (ieri per chi legge, ndr) al Consiglio Ue ci sono stati dei passi in avanti, ma abbiamo bisogno di tempi certi e urgenti. A cominciare dalla maggiore flessibilità sugli aiuti di Stato e dalle semplificazioni della Pac, soprattutto sotto il profilo del carico burocratico che grava sulle nostre imprese, annunciate dalla Commissione europea. Chiediamo inoltre il rispetto del principio di reciprocità, per cui le regole applicate alle imprese europee devono essere applicate anche a quelle estere».
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Non sono sufficienti le misure annunciate nelle scorse settimane dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen?
«Insieme alle delegazioni di agricoltori di altri Paesi europei abbiamo presentato alla presidente un documento condiviso. E molte delle nostre proposte sono state accolte dal commissario europeo all’Agricoltura. Ma siamo ancora nella fase delle promesse. E noi non ci accontentiamo delle promesse: vogliamo tempi certi. Per questo riteniamo che l’incontro del Consiglio europeo di fine marzo, dove grazie alla spinta di Francia e Italia, il tema dell’agricoltura sarà centrale, possa rappresentare un punto di svolta».
Quali modifiche chiedete per la Pac?
«Siccome ci sono le elezioni europee, sappiamo che non ci sono i tempi per una riforma della Pac. Tuttavia, riteniamo che possano essere apportate modifiche sostanziali per facilitare la vita agli imprenditori con un meccanismo di deroga come avvenuto in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina. Serve pertanto un periodo transitorio per arricome la moratoria sui debiti. Inoltre, in questo modo si potrebbe intervenire a favore di quelle filiere particolarmente colpite dagli eventi metereologici estremi dell’ultimo anno».
Nel 2023 le importazioni agroalimentari in Italia hanno toccato il record di 65 miliardi di euro. C’è un tema di concorrenza sleale dall’estero?
«Certo. Negli ultimi anni c’è stato un tentativo da parte di alcuni commissari, a cominciare da Frans Timmermans, che era vicepresidente della Commissione, di favorire politiche che portano a una diminuzione sostanziale della capacità produttiva dell’agricoltura europea».
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Per esempio?
«Sto parlando del regolamento sugli agrofarmaci, che siamo riusciti a bloccare, e dell’obbligo di tenere i terreni a riposo. Così si sono favorite le importazioni. Per questo chiediamo il rispetto del principio di reciprocità, in modo che i prodotti provenienti dall’estero siano sottoposti alle stesse norme applicate in Europa. Questo deve valere ad esempio per gli accordi di libero scambio con il Canada, da cui importiamo il grano trattato con il glifosato, che da noi è vietato. Oppure nell’ambito del comparto ortofrutticolo: noi favoriamo prodotti importati dalla Turchia, dove si utilizzano alcuni agrofarmaci che da noi sono vietati. Anche questa è una forma di concorrenza sleale».
Qual è la sua posizione sulla Legge sul ripristino della natura che oggi verrà votata dal Parlamento Ue?
«È una legge che non ha né senso né logica. Siamo riusciti a ottenere alcune modifiche al regolamento rispetto alla versione originaria proposta da Timmermans. Abbiamo fatto cadere una serie di vincoli, come la reintroduzione delle zone paludose e i disincentivi alla manutenzione del territorio. Tutte misure che avrebbero ridotto la capacità produttiva, con l’Italia che sarebbe stata tra i Paesi più colpiti. La legge però resta un controsenso perché mentre il nome evoca un’attenzione all’ambiente, in realtà si traduce esattamente nell’opposto. Quelle contenute nel regolamento sono tutte misure che rischiano di aumentare la fragilità del territorio».
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