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Ispettori Ue in Italia? Ecco l'ultima bufala di "Repubblica"

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Sandro Iacometti
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C’era una volta una squadra di agguerriti ispettori di Bruxelles che si spinse fino a Roma per mettere fine alle malefatte di Giorgia Meloni. L’attacco è d’obbligo per il genere letterario degli scritti comparsi ieri sulla prima pagina di Repubblica riassunti nel titolo: «Ue, l’Italia sotto esame». Gli ingredienti ci sono tutti, la strega cattiva asserragliata nel castello, i prodi paladini venuti a liberare la popolazione dal giogo degli aguzzini, gli astuti artefizi con cui la strega pensa di perpetuare il suo potere. Non semplici incantesimi, ma roba da far ghiacciare il sangue nelle vene, stile fratelli Grimm: premierato, riforma della giustizia, leggi sovraniste. A rischio ci sarebbero addirittura i capisaldi del regno: Quirinale e Costituzione.

LE ARMI
Con un po’ di terrore ci si avventura nella lettura, nella speranza, però, che alla fine il bene possa trionfare. Eh sì, perché i cavalieri di Bruxelles sono armati di tutto punto. E si sono fatti precedere, si legge, «da un nutrito pacchetto di domande destinato a mettere in imbarazzo chi dovrà rispondere». Diciannove quesiti «su cui il governo sarà costretto a barcamenarsi perché le scelte già fatte risultano in evidente contrasto con le richieste europee». Insomma, la strega non ha scampo. Epperò nel pomeriggio di ieri i paladini di Bruxelles recapitano un messaggio che manda in frantumi il pathos con tanta cura costruito. Ispettori? Esami? Colloqui riservati? Nulla di tutto questo. «Non c'è alcuna indagine o ispezione in corso in Italia», chiarisce un portavoce della Ue, scusandosi anche per l’inconsueto, ma necessario commento a quella che definisce «una fuga di notizia». Evidentemente fasulla. «Quello che posso dire», prosegue infatti, «è che ovviamente, in questo periodo dell'anno, stiamo preparando il Rapporto annuale sullo stato di diritto, che facciamo per tutti i nostri 27 Stati membri. In questo contesto, abbiamo molti incontri con rappresentanti di governi nazionali, con portatori di interesse e Ong, eccetera». Si tratta di canonici, periodici e normalissimi incontri “virtuali” in cui i servizi della Commissione incontrano i rappresentanti delle autorità nazionali e discutono sulla base di un questionario preparato in anticipo, e poi ci sono alcune domande di follow-up inviate agli Stati membri.

Per quanto riguarda l'Italia, come per tutti gli altri Stati membri, ha puntualizzato il portavoce Christian Wigand, «questo è esattamente il punto in cui siamo ora. Sono iniziati gli specifici incontri virtuali per Paese, a livello tecnico, durante i quali abbiamo normali scambi con le controparti, nella preparazione delle relazioni sullo stato di diritto. Niente di più, niente di meno». Per essere chiari, ha concluso, «è un incontro online, come avviene con tutti gli Stati membri, non c'è alcuna delegazione in Italia».

RIFORME
Nella consueta verifica sullo Stato di diritto si parlerà di riforme costituzionali e di giustizia? Sicuramente sì. Anche perché il rapporto sullo stato di diritto è basato su quattro pilastri: i sistemi giudiziari nazionali, i quadri anticorruzione, il pluralismo dei media e poi gli altri pesi e contrappesi istituzionali. Ma descrivere la compilazione di un rapporto annuale come una specie di plotone di esecuzione calato nella Capitale per mettere in riga il governo e le sue derive autoritarie, è cosa ben diversa. Alcune perplessità della Ue, peraltro, sono ben note e già espresse nel rapporto dello scorso anno, a partire dalla libertà di informazione fino all’annunciata abrogazione del reato di abuso di ufficio. Osservazioni che non comportano alcuna scomunica, né mettono l’Italia fuori dal consesso dei Paesi civili, com’è ovvio. Se poi vogliamo continuare a raccontarci delle favole, liberissimi di farlo. Purché si sappia che sono tali. E chi, come qualcuno dei Cinquestelle, si è avventato sul racconto parlando di «un governo messo sotto tutela dall’Europa» forse ha perso un’occasione per tacere.

 

 

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