Ue, le eco-follie che limitano le nostre libertà
Un grande liberale, Luigi Einaudi, diceva che c’è un “punto critico” oltre il quale anche i valori più belli si convertono nel proprio contrario. Qualcosa del genere sta avvenendo da un po’ di anni in merito alle questioni ambientali. Conservare la natura, rispettarla, è senza dubbio un valore; proporsi di realizzare questi obiettivi con politiche radicali, per giunta inefficaci e liberticide, è a tutti gli effetti un disvalore, anzi una “follia” come la definisce Francesco Giubilei in un pamphlet appassionato e di facile lettura appena pubblicato da Liberilibri dal titolo Follie ecologiste. Come l’ambientalismo ideologico e l’Unione Europea condizionano la nostra vita, pagine 114, euro 16.
Molti sono gli elementi, ampiamente documentati dall’autore, che colpiscono in questo affermarsi dell’ambientalismo radicale. Prima di tutto, impressiona il fatto che il radicalismo sia fatto proprio dai governi e dalle classi dirigenti dei Paesi occidentali, che pure dovrebbero ispirarsi per principio a ideali di moderazione e buon senso. Impressiona poi l’enorme dispiegamento di mezzi comunicativi dai toni apocalittici, spesso in contrasto con ogni cautela scientifica, tesi a convincere l’opinione pubblica dell’imminenza di una catastrofe che la realtà sta già cominciando a smentire.
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ELITE
Particolare è poi la saldatura che si viene a creare fra il modo di sentire delle élite e quello di giovani che pretenderebbero di essere anti-sistema. Di qui il paradosso di una Greta von Thurnberg che, non ancora maggiorenne, viene ricevuta in pompa magna da capi di Stato e parlamenti riuniti in sessione plenaria. E di qui anche la sostanziale tolleranza da parte delle classi dirigenti dei veri e propri atti di vandalismo e teppismo perpetrati in nome dell’ideale verde da giovani ambientalisti radicalizzati (dall’imbrattare le opere d’arte al blocco del traffico nelle ore di punta il campionario è ormai fin troppo ampio).
È evidente che quella verde diventa in questo modo una vera e propria ideologia, anzi una religione di tipo gnostico che, come il vecchio comunismo, a cui nelle coscienze di molti si è sostituito, divide il mondo in “buoni” e “cattivi”.
Con il corollario che chi osa porre qualche dubbio sui dogmi acriticamente assunti viene considerato un “dannato” o un reprobo. «Tacciare un commentatore o un politico di “negazionismo climatico” – osserva sconsolato Giubilei- è un modo per emarginarlo dal dibattito, screditarlo, squalificare le sue opinioni».
PARADOSSO
Ulteriore paradosso è che tutto ciò viene fatto in nome della scienza, che in verità correttamente intesa dovrebbe essere considerata la palestra del dubbio e del “pensare difforme” per antonomasia. In verità, come osserva sempre Giubilei, qui non di scienza ma di scientismo si tratta. La scienza è, in altre parole, l’alibi perfetto per deresponsabilizzare la politica, cioè per affermare una politica ideologica che si sottrae al confronto e vuole imporre come “verità” le proprie tesi. Le quali, alla fine dei giochi, servono a realizzare quel vecchio progetto di creare un “uomo nuovo”, raddrizzando il “legno storto” dell’umanità, che era proprio del comunismo. Acutamente, Giubilei connette l’allarmismo ambientalistico a quella cultura emergenzialista che ha fatto le sue prove nella gestione politica della recente pandemia.
CLIMA E COVID
E afferma icastico che clima e Covid sono «due questioni che non hanno nulla in comune se non il tentativo di imporre la medesima logica emergenziale»: sono, in definitiva, un pretesto per limitare le libertà individuali e i principi democratici. In conclusione del suo libro, Giubilei propone di opporre un ecologismo conservatore e liberale a quello ideologico dell’attuale mainstream. A tutta prima il suo sembrerebbe un modo di giocare in difensiva, accettando il terreno di gioco scelto dal nemico. In verità, come egli ci ricorda efficacemente, la conservazione della natura è da sempre un tema caro alla destra. L’ambientalismo è stato scippato ai conservatori dalla sinistra che, radicalizzandolo e rendendolo un’ideologia, ha finito per travisarlo e contraddirlo. Una buona ragione per riappropriarsene!