Francesca Albanese, il caso Lady Onu arriva in Europa
È indomita e instancabile, e vibra nel piglio d’una valkiria intercontinentale, la Francesca Albanese, mentre percorre il suo personale cammino di Santiago. Onde convincere il mondo ad adottare un inevitabile «piano per porre fine all’occupazione coloniale israeliana e al regime di apartheid». E - seppur la logica geografica ci sfugge - il primo passo sarebbe quello di convincere gli australiani e i neozelandesi. Il caso Gaza si risolve da Melbourne, è notorio.
Infatti, la special rapporteur, la relatrice speciale delle Nazioni Unite «sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967» sta, in questi giorni, vagando dall’altra parte dell’Occidente- da Camberra a Sidney, alle varie commissioni anti discriminazione neozelandesi - appunto per sensibilizzare quei popoli alla causa palestinese, attraverso le varie associazioni di Amici della Palestina (Afopa). L’impegno della nostra è indubitabilmente gravoso. Ed è senz’altro per questo che la giurista, fresca stella dei talk show italiani, ha risposto, attraverso il suo staff, alla nostre richieste di intervista soltanto più di 24 ore dopo: «Al momento la Relatrice è in missione in Australia e Nuova Zelanda. Vi faremo sapere il prima possibile riguardo alla mancanza di conflitto interessi». Solo che poi non ci hanno fatto sapere. Ed è pur stato un peccato.
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Perché il colloquio con l’Albanese era finalizzato, appunto, ad avere lumi sul possibile conflitto d’interesse determinato dal ruolo del marito, autore di un report sullo “sfruttamento” da parte di Israele delle risorse naturali palestinesi (I costi economici dell’occupazione israeliana per i territori palestinesi occupati). La suddetta, indiretta, presunta violazione dei principi di imparzialità e trasparenza era emersa dalla pubblicazione di un documento di UN Watch, organizzazione non governativa che monitora le prestazioni delle Nazioni Unite. Documento da cui risultava che Albanese avesse escluso e controfirmato la benché minima presenza d’un conflitto d’interesse. Questo inoltre sostenendo che la sua pertinacia contro la Gerusalemme accusata di genocidio e polizia etnica; be’, nulla avesse a che vedere con le consulenze e le forti prese di posizione del marito. La giurista ci invia una richiesta di rettifica che volentieri pubblichiamo. Ma la cosa non ha impedito, sul caso, l’intervento della politica.
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LA RICHIESTA
Infatti, Anna Cinzia Bonfrisco, europarlamentare Lega – Gruppo Id, componente della commissione Affari Esteri e della delegazione per le relazioni Ue-Israele ha presentato un’interrogazione «per chiedere alla Commissione Europea di esprimersi sui criteri di indipendenza e onorabilità dei funzionari delle organizzazioni internazionali, come ad esempio l’Onu. Infatti, lasciano sgomenti le rivelazioni giornalistiche e le dichiarazioni di UN Watch sull’incapacità di “fungere da esperto neutrale e indipendente” di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, come chiedono le regole delle Nazioni Unite. Tutto ciò, affermano le inchieste giornalistiche, anche nel possibile contesto di conflitti di interessi personali non dichiarati». Sicché l’eurodeputata chiede «alla Commissione in quale ottica della strategia europea per combattere l’antisemitismo devono agire le organizzazioni internazionali, poiché il brutale e ingiustificato attacco di Hamas ad Israele ha conseguito al riemergere di attacchi antisemiti, propaganda antisemita e disinformazione in Europa e nel Mondo. L’Onu dovrebbe agire per arginare questo fenomeno aberrante ma, purtroppo, è palese la mancanza di una giusta applicazione di valori e principi della Carta delle Nazioni Unite e il sostegno ai diritti umani per tutti, israeliani compresi».
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Per uno strano destino, tale richiesta ufficiale viene macinata dalle agenzie-stampa, contemporaneamente al comunicato dell’Albanese stessa. La quale commenta con la consueta delicatezza le «pause umanitarie di quattro ore nei combattimenti di Gaza» concesse da Israele ad Hamas come una decisione «molto cinica e crudele», naturalmente. «Ci sono continui bombardamenti, 6mila bombe ogni settimana sulla Striscia di Gaza, su questo piccolo pezzo di terra dove la gente è in trappola e la distruzione è massiccia, non ci sarà modo di tornare indietro dopo quello che Israele sta facendo». Roba che fa il paio col suo silenzio sugli stupri e le decapitazioni dei terroristi di Hamas; e sulla convinzione - coerente, ad onore del vero che «l’esistenza stessa di Israele» sia in violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale. Inutile ogni commento...