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Timmermans, il falco anti-Italia lascia la commissione Ue: cosa ci aspetta ora

Attilio Barbieri
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Frans Timmermans lascia la Commissione europea. Il numero due di Ursula von der Leyen ha rassegnato le dimissioni di vicepresidente dell’Eurogoverno. Rimettendo contestualmente la delega al Green Deal. Troppo cocenti le sconfitte inanellate negli ultimi mesi proprio sui passaggi parlamentari del Patto Verde. L’esclusione degli allevamenti nel computo delle emissioni climalteranti ma soprattutto la bocciatura della legge sul Ripristino della natura hanno intaccato la sua sicurezza e ridotto quasi a zero le possibilità di succedere alla von del Leyen alla guida della prossima Commissione che uscirà dalle Europee del 2024.

 

 

 

Alla fine il più anti-italiano fra tutti i commissari Ue molla la presa in Europa per correre alle elezioni parlamentari che si terranno nella sua Olanda il 22 novembre. È stato scelto per guidare la neonata coalizione di centrosinistra formata dal Partito del Lavoro e della Sinistra Verde GroenLinks. Socialista lo è sempre stato. Sul suo estremismo “green” nessuno dovrebbe avere più dubbi dopo i “successi” ottenuti a Bruxelles con lo stop alle auto endotermiche nel 2035 e pure con la direttiva sulle “case green” che potenzialmente può deprezzare oltre un quarto del patrimonio immobiliare italiano.

Dopo gli ultimi «no» incassati all’Europarlamento, grazie ai voti del Partito Popolare europeo e a parte dei liberali, Timmermans aveva capito che non era più aria. Nel giro di pochi mesi Palazzo Berlaymont era divenuto un terreno infido. Anziché candidarsi a prendere il posto di Ursula, l’olandese correva il rischio di dover lasciare comunque il complesso che ospita la Commissione europea, al numero 200 di Rue de la Loi. E ha subito detto sì a chi gli offriva la guida della coalizione rosso-verde alle politiche olandesi.

 

 

 

 

Per il tempo che rimane nella attuale legislatura europea la delega al Green Deal passa al vicepresidente per le relazioni istituzionali, Maros Sefcovic, slovacco, noto fra l’altro per la sua adesione al Partito comunista cecoslovacco nel giugno 1989, quando l’impero sovietico si stava sfaldando. Il muro di Berlino sarebbe caduto di lì a pochi mesi, nel novembre di quello stesso anno. Dopo la prima fase della legislatura, ha chiarito la von del Leyen, «la nostra priorità sarà il rafforzamento dell’innovazione industriale pulita, il potenziamento delle reti e delle infrastrutture per la transizione energetica e l’accesso alle materie prime critiche». Ed è su questi contenuti che si svilupperà l’azione di Sefcovic. L’impressione, però, è che l’Eurogoverno voglia chiudere la stagione delle contrapposizioni e dell’estremismo “green” che ha incarnato alla perfezione proprio Timmermans. Troppo alto il rischio di una sonora punizione per i popolari tedeschi della Cdu. Orfani della Merkel, in minoranza al Bundestag dopo un ventennio di governi, hanno fiutato il rischio di esporsi a una batosta storica per assecondare socialisti e verdi in Europa. Lo sfaldamento della maggioranza Ursula è stato il campanello d’allarme che ha convinto il rosso-verde Frans a passare la mano. A questo punto senza soverchi rimpianti.

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