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Giustizia, la Ue sposa Travaglio: manettari a Bruxelles

Armando Cobucci
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È intitolato «Rapporto sullo stato di diritto del 2023» ed è un paper della Commissione europea destinato all’Europarlamento, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Una trentina di pagine in cui si fa il punto sulla giustizia italiana e sulle riforme in atto. Senza risparmiare giudizi. In alcuni casi positivi, in altri casi negativi e allarmati. 

Ma gli esperti della Commissione in che modo si sono informati per arrivare alle proprie conclusioni? Nel documento viene spiegato che una delegazione di tecnici ha fatto visita nel nostro Paese e ha preso consapevolezza direttamente della situazione. Ma non c’è solo questo. A Bruxelles hanno setacciato anche la rassegna stampa, in cerca di materiale buono per comporre il report. Ok, ma quali giornali? Il Domani, Il Fatto quotidiano, La Repubblica.

Sfogliamo il documento. Si dà atto all’Italia che il processo di digitalizzazione del sistema giudiziario va “notevolmente migliorando”, però si sottolineano le “preoccupazioni” sui progetti di legge riguardanti “la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri”. E anche la durata del processo è un problema. Va un po’ più veloce, ma “rimane ancora una sfida seria”.

 

Però la vera questione è un’altra: l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e la limitazione della portata del reato di traffico di influenze. Scrivono gli esperti della Commissione: «Questi cambiamenti potrebbero avere un impatto sull’effettiva individuazione e sulla lotta contro la corruzione». E ancora: «La società civile ha espresso alcune preoccupazioni su questi cambiamenti». Chi sia la “società civile” lo si capisce dalla nota a pie’ di pagina: «Informazioni ricevute da Libera nel contesto della visita del paese in Italia». L’associazione Libera.

Molto interessante è la lettura dell’elenco delle fonti interpellate per comporre il manoscritto. Oltre ai canali istituzionali, è curiosa la scelta delle altre voci considerate affidabili in materia di giustizia, tutte orientate in modo inequivocabile.

Viene preso per buono un articolo del Domani dal titolo: «L’abuso d’ufficio funziona, cancellarlo è un errore, darà il via libera ai faccendieri». Poi c’è un pezzo del Fatto Quotidiano: «Forte rischio che gli indagati fuggano se bisogna avvisarli dell’arresto. Via l’abuso d’ufficio? Sarà il Far West. Toghe contro la riforma Nordio». Ancora dal giornale di Marco Travaglio: «Meno intercettazioni, revisione dell’abuso d’ufficio e della Severino: senza controlli il nuovo Codice appalti incentiva la corruzione». Non può mancare La Repubblica: «Appalti, Lega contro Busia: frasi gravi contro i sindaci, non può più guidare l’Anac. Lui risponde: per me sono eroi». Sempre dal quotidiano diretto da Maurizio Molinari viene preso quest’altro ritaglio: “Giustizia, perché serve il reato di abuso di ufficio”. A scoprire questi dettagli è stato Giorgio Mulè. 

 

«Basta leggere e compulsare il documento della Commissione Europea che analizza la questione dell’abuso d'ufficio nel nostro Paese per capire che le polemiche sulla cancellazione di questo reato sono frutto del solito approccio manicheo della sinistra e dei giustizialisti in servizio permanente», spiega il vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia. Sfogliando il report e in particolare l’elenco delle fonti utilizzate per la stesura del testo, prosegue Mulè, «si capisce che chi l’ha redatto è stato portato su una strada sbagliata. I funzionari della Commissione non hanno utilizzato tutte fonti competenti e indipendenti in tema di giustizia».

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