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Mario Draghi, il pizzino sul "Corsera": non tiratemi in ballo...

Sandro Iacometti
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Guai a prendersela con Mario Draghi. Se il Pnrr si incaglia l’ex premier non vuole saperne di assumersene la responsabilità. È questo il messaggio recapitato ieri dall’economista non per lettera e neanche con una telefonata, ma con un bell’editoriale sul Corriere della Sera a firma Francesco Giavazzi, bocconiano doc e consulente di Palazzo Chigi durante il regno Draghi. Presagendo quello che di lì a poco sarebbe successo, l’ex numero uno della Bce (sempre per bocca di Giavazzi) aveva già fatto sapere domenica scorsa a Mezz’ora in più della Lucia Annunziata che chiunque parli di ritardi non ha capito come funziona il piano.

 

 

 


Concetto ribadito ieri sul Corriere dopo che la bomba è esplosa e che, inevitabilmente, qualcuno ha tentato di scaricare la patata bollente sulle spalle larghe di Super Mario. Del resto, i problemi sulla messa a terra del Pnrr erano ben noti almeno dalla scorsa estate. Se a questo si aggiunge che anche i tre target nel mirino della Commissione Ue risalgono alla gestione Draghi, l’equazione era abbastanza scontata. Di qui il secondo intervento di Giavazzi, che prima di esporre il suo “verbo” lancia un messaggio ben preciso: «La presidente del Consiglio dovrà decidere se chiudere le polemiche sul Pnrr oppure seguire chi, nella sua maggioranza, attribuisce i ritardi a errori del precedente governo e chiede delle proroghe». Chiuso l’avvertimento, per nulla velato, l’economista passa a bacchettare chi «ancora non ha capito che il Piano è costruito su due presupposti: riforma e investimenti. Le riforme devono essere attuate prima che partano gli investimenti». Insomma, tutto procede come deve procedere. Senza intoppi e senza il bisogno di prendersela con qualche antica divinità.

 

 

 

Poi Giavazzi annacqua un po’ il discorso con una disamina sull’importanza delle nomine e il consiglio al ministro Giancarlo Giorgetti di procedere come sta facendo sulla trattativa del patto di stabilità e del piano Ue di aiuti alle imprese: le due partite vanno giocate contestualmente per sparigliare gli schieramenti in Europa. Che è l’unico modo per sperare di ottenere qualcosa.

 

 

 

Caso chiuso? Forse. Ma a minacciare il governo non è l’ira di Draghi, bensì il ritorno di fiamma del blocco anti Pnrr dei frugali, che tifa contro l’Italia per mettere una pietra sopra a qualsiasi tentativo di fare debito comune. Come ha detto venerdì Mario Monti, se il Piano va male «tanti Paesi europei additerebbero il caso italiano per indurre l'Europa ad essere più frugale nel mettere a disposizione le proprie risorse». Un profezia che ieri ha avuto una immediata conferma dalle parole del commissario Ue all’Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevicius, che in visita a Milano ha spiegato: «Il Pnrr non è stato calato dall’alto della Commissione, ma è un piano italiano. Spero che il governo trovi le risorse per attuarlo nei tempi previsti». Come dire: datevi una mossa, altrimenti sono guai.

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