Meloni "isolata", il flop immaginario: la malattia della sinistra italiana
Dormino sogni tranquilli Tucidide e Machiavelli, Guicciardini e il principe di Metternich: la politica estera, regno per antonomasia degli interessi e dei rapporti di forza, per la sinistra italiana è invece tutta un Sanremo. Scorrete i siti, leggete i giornali, buttate un’occhiata sui social, e vi renderete conto che i momenti salienti del vertice europeo di Bruxelles appena conclusosi sono stati per i “compagni” il broncio tenuto da Giorgia Meloni nei confronti di Macron; le lacrime di Zelensky in assemblea; le sedie vuote che avrebbero attestato l’isolamento dell’Italia; il bilaterale “negato” al nostro premier dal leader ucraino e “declassato” a semplice “conversazione”, e per giunta con una photo opportunity scattata in piedi e quasi concessa per compassione a beneficio dei fotografi.
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Il «mondo vero è diventato favola», direbbe un altro filosofo, Nietzsche. Se infatti dietro questo gossip elevato a notizia, a questa dipinta fiera di lustrini e cotillons, a questa immaginaria commedia di dispetti e ripicche, si prova a scavare un po’ più a fondo, se cioè si cerca di capire se c’è del reale oltre la rappresentazione, si scopre che a Bruxelles non c’è stato affatto il nulla delle canzonette come a Sanremo. Sono stati presi invece impegni solenni, emanate direttive o indirizzi generali, riguardanti nientemeno che la nostra economia e il nostro sviluppo, la guerra in Ucraina e il controllo dei confini.
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Sì, avete capito bene: l’Europa che ci avrebbe isolato e screditato, sospinti in serie B, posto sotto osservazione, per iniziativa di Macron e con l’assenso di Scholz, cioè dei soli due Paesi che conterebbero, per la prima volta ha deciso di mettere nero su bianco certe nostre pretese “sovraniste” e xenofobe (siamo o non siamo, d’altronde, un paese razzista come ha sentenziato Paola Egonu, uno dei maître à penser che ha sostituito a sinistra Gramsci e Pasolini?). Ma, a proposito di razzismo, non lo è forse considerare semplici gregari un insieme di Paesi, dalla Svezia alla Polonia, alla stessa Olanda, che l’asse franco-tedesco lo sopportano sempre meno, e che, rispetto ai fondamentali, stanno messi molto meglio che le due “locomotive d’Europa” in affanno?
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Non è razzistico, soprattutto, come ci hanno ricordato grandi scrittori come Milan Kundera, considerare “meno Europa” o non “proprio Europa” quei Paesi della Mitteleuropa che del nostro continente sono stati la Repubblica. culla e che sul pericolo russo ci avevano avvertito molto prima che scoppiasse la guerra? La Svezia, per dire, ci è alleata contro l’immigrazione incontrollata e clandestina; la Polonia nella nostra lotta contro l’aggressività russa e per la difesa della nostra identità cristiana; l’Olanda, come e più di noi, è critica dello sdoganamento degli “aiuti di Stato” che Francia e Germania vorrebbero a loro primario beneficio? E tutti, ma proprio tutti, hanno mal sopportato, il prevertice con Zelensky messo in scena a Parigi da un Macron in sempre maggior difficoltà. La sinistra vuol far credere che l’Europa abbia ancora un centro e che noi dobbiamo sempre e comunque accodarci ad esso, sperando nella sua benevolenza nei nostri confronti. E dimentica, fra l’altro, che le elezioni del prossimo anno son vicine e potrebbero cambiare radicalmente certi equilibri ancora esistenti.