Vino, stretta sul consumo: l'ultima follia Ue (contro l'Italia)
Che l’Irlanda, affascinante isola che galleggia sulla birra, in nome «della salute pubblica» voglia imporre a tutta Europa una stretta sul consumo di vino - almeno il 10% entro il 2025 ha comunicato ieri l’Ue, che è più che complice - ha del clamoroso. Lo è ancor di più perché l’Irlanda «preoccupata per l’eccessivo consumo di alcol» di noi vittime di Bruxelles e forse presto anche dell’Irlanda è la stessa nazione che a colazione serve fagioli, uova fritte e salsicce, e a pranzo e cena stufato affogato nella Guinness, pollo al whisky, fish and chips, il tutto accompagnato da quantità pantagrueliche di Guinness ovviamente, birra scura marchio di fabbrica e prodotto-simbolo che esporta in tutto il mondo. Non sono luoghi comuni, basta averci vissuto almeno un po’. A Dublino si dice che un irlandese non è mai ubriaco finché può tenere in mano un filo d’erba e non cade con la faccia a terra.
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Bruxelles vuole farci mangiare insetti e l’Irlanda con l’avvallo di Bruxelles vuol far perdere al continente decine di miliardi: 14 quelli fatturati solo dall’Italia nell’ultimo anno, numeri di Coldiretti. Il maggior produttore è il Veneto con circa 12 milioni di ettolitri prodotti nel 2022, davanti alla Puglia (10,6), all’Emilia Romagna (7,4) e alla Sicilia (4,3). Solo il fatturato del Veneto vale il 13% di quello nazionale. Il vino italiano più esportato è il Prosecco, che vale il 70% del settore e da qualche anno nel mondo ha superato le vendite di Champagne nonostante l’Ue si sia accorta con colpevole ritardo che ci sono molteplici versioni taroccate delle bollicine tipiche del Trevigiano, dall’ex Jugoslavia fino al Sudamerica dov’è diventato moda il Prosecco Garibaldi “made in Brazil”, gusto dimenticabile. «Nessuno è contro il vino», ha voluto precisare ieri Stefan De Keersmaecker, portavoce della Commissione Ue, «penso che un bicchiere di vino piaccia a tutti, ciò di cui si occupa il Piano per battere il cancro è il consumo dannoso di alcol, che è una preoccupazione di salute pubblica», ha ribadito l’europortavoce. L’ultima pensata metterebbe a rischio una filiera che da noi garantisce un milione 300mila posti di lavoro.
Attenzione, cibo italiano sotto attacco: occhio a queste etichette choc
«È in corso un attacco alla dieta mediterranea», ha risposto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ieri a Bruxelles. Tajani ha detto di aver avuto uno scambio di vedute con l’omologo irlandese: «Mi ha dato la disponibilità ad approfondire la questione», ha aggiunto il ministro, il quale ha sottolineato che si aspetta un intervento della Commissione Ue. «Metteremo in contatto i nostri ministeri per vedere se si può trovare una soluzione condivisa. Ho già informato i colleghi Lollobrigida (Sovranità alimentare, ndr) e Schillaci (Salute) perché aprano un confronto coi corrispettivi irlandesi». Intanto la Commissione, hanno informato da Bruxelles, «ha ricevuto la notifica dall’Irlanda riguardante la bozza di autoregolamentazione ai sensi della direttiva sulla trasparenza nel mercato unico e sui consumi alimentari. La Commissione», continua la nota, «non ha reagito formalmente e non ha adottato alcuna opinione sul disegno di legge». Gli euroburocrati prendono tempo? No, perché lo stesso portavoce della Commissione ha dichiarato che «il regolamento irlandese che prevede sull’etichetta messaggi sugli effetti dell’alcol è una norma tecnica che contiene i dettagli di un provvedimento già adottato nel 2018 e in assenza di un’opinione negativa che la Commissione non deve più intervenire sul tema». Decisione già presa, dunque. I produttori sono sul piede di guerra. «Basta attacchi indiscriminati» ha tuonato Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini, «altrimenti si rischia una deriva priva di fondamenti scientifici che potrebbe portare all’introduzione dell’healt warning (pericolo per la salute, ndr) persino su farmaci contenenti alcol o sui babà napoletani». Oncologi ed esperti hanno invitato virologi e immunologia occuparsi delle loro materie: è un profluvio di critiche alla virostar Antonella Viola che ha demonizzato il mosto d’uva fermentato che lei beve solo in ristoranti stellati. Ha detto così. Secondo Coldiretti il 23% dei connazionali smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe meno se sulla bottiglia trovasse etichette allarmistiche. Noi continueremo a far parte del restante 67. Bruxelles pensi al Qarargate e gli irlandesi a San Patrizio.
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