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Price-cap? Forse aveva ragione Draghi: quanto ci costa il ritardo della Ue

Mario Draghi

Sandro Iacometti
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Forse aveva ragione lui. Forse a fermare la bufera che ha travolto il Vecchio continente, ha mandato sul lastrico famiglie e imprese e ha fatto bruciare palate di soldi pubblici bastava un altro whatever it takes. Certo, c'è il clima mite che sta aiutando, non c'è più la corsa agli stoccaggiche ha spinto i Paesi europei a pagare qualsiasi prezzo pur di riempire i depositi e mettersi al riparo dall'inverno, ci sono anche i frutti della diversificazione delle fonti di approvvigionamento e dei piani di riduzione dei consumi. Ma è un fatto che quell'accordicchio raggiunto lo scorso 19 dicembre sul tetto al prezzo del gas, pieno di clausole e di assurdi paletti per farlo digerire alla maggioranza dei Paesi Ue, in un pugno di giorni ha fatto tornare le tariffe del metano a quelle che c'erano prima dell'inizio del conflitto in Ucraina. Il gas ieri ha chiuso ad 82 euro a megawattora. Il 23 febbraio, il giorno prima che la Russia avviasse l'invasione, era a 88 euro. La settimana prima dell'intesa in Europa, dopo aver toccato picchi assurdi di quasi 350 euro durante l'estate, il metano viaggiava intorno ai 130 euro. Si è trattato di un crollo delle quotazioni di oltre il 40%, peraltro in controtendenza con il rialzo del prezzo del petrolio, spinto dal taglio della produzione annunciato dalla Russia proprio come risposta al "tetto".

Bastava un annuncio, un avvertimento, la dimostrazione che la Ue è stufa di farsi prendere per il naso da Putin e dagli speculatori? La certezza, ovviamente, non può averla nessuno. Resta il fatto che tentare non sarebbe costato nulla. Mentre non tentare ci è costato tantissimo.

La prima proposta di Mario Draghi sul price cap europeo è dell'inizio di marzo. Il primo no di Bruxelles è del 25 marzo, quando il Consiglio Ue decide di dare l'avvio ad una girandola di rinvii e di false partenze che ci hanno di fatto portato fino alla settimana scorsa.

DECRETI A RAFFICA
Nel frattempo il governo italiano (così come quelli di molti Paesi Ue) è stato costretto ad emanare decreti a raffica per erogare valanghe di aiuti pubblici. Oltre 60 miliardi sono state le risorse stanziate da Draghi. A cui bisogna aggiungere i 9 miliardi dell'aiuti quater varato dal governo Meloni e, perché no, i 21 e rotti miliardi che hanno prosciugato le risorse della legge di bilancio per il prossimo anno. In tutto stiamo parlando di quasi 100 miliardi di euro sborsati dai contribuenti perché la Ue non è riuscita a trovare un compromesso che fosse accettabile anche da Germania, Olanda e qualche altro Paese che ha preferito farsi i fatti suoi piuttosto che alzare un muro, seppur fragile e forse fasullo, contro Putin e la speculazione.

Ieri Giorgia Meloni, di fronte al calo del prezzo del gas, ha giustamente rivendicato il successo italiano, sottolineando che sul price cap il governo si è «strenuamente battuto». Il successo è fuor di dubbio. Sia per il martellamento fatto da Draghi da marzo, sia per la tenacia con cui il nuovo premier e il nuovo ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, hanno continuato a battersi, riuscendo a portare a casa un risultato che, speriamo, possa produrre al più presto effetti positivi sulle nostre bollette.

Ma dopo esserci appuntati una coccarda sul petto forse bisognerebbe anche chiedersi il perché di tanti ritardi, individuare delle responsabilità, attribuire delle colpe. Gli altri, del resto, lo fanno spesso nei nostri confronti. E i primi a puntare il dito, guarda caso, sono proprio gli stessi che hanno messo i bastoni tra le ruote al price cap. Gli stessi che tra qualche mese, dopo averci costretto a prosciugare il cospicuo tesoretto prodotto dall'extragettito (nei primi 10 mesi del 2022, secondo la Cgia, ben 57 miliardi di entrate in più per lo Stato), torneranno a chiederci conto dello stato di salute dei nostri conti pubblici, criticando l'alto debito e le spese eccessive. Ecco, quando succederà, quando la Germania ci accuserà di essere indisciplinati e quando Ursula von der Leyen proverà a mettere il becco nelle nostre finanze, con garbo, senza mettere in discussione l'adesione ai valori dell'Europa, qualcuno potrebbe semplicemente ricordargli che dal nostro bilancio sono spariti 100 miliardi per i capricci di alcuni Stati membri che nessuno è stato capace di mettere in riga.

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