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Qatargate, Eva Kaili inchioda Panzeri: "I soldi erano suoi"

Alessandro Gonzato
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I 750mila euro beccati tra la casa della Kaili e la valigetta del padre? Erano tutti di Antonio Panzeri, e dunque il milione e mezzo circa finora sequestrato nell'ambito dell'inchiesta-Qatargate sarebbe tutto dell'ex europarlamentare di Pd e Articolo 1. È un colpo di scena, per certi versi clamoroso, la tesi difensiva dell'avvocato dell'ex vicepresidente del parlamento europeo, che ieri ha scaricato tutte le responsabilità su Panzeri, il quale è anche fondatore e presidente della Ong Fight Impunity. L'avvocato, Michalis Dimitrakopoulos, ha contestato le ricostruzioni di Repubblica e del quotidiano belga Le Soir: «La signora Eva Kaili non ha mai confessato di aver chiesto a suo papà di trasferire il denaro per nasconderlo». E dunque cosa ci faceva il padre della Kaili il 10 dicembre con quella valigetta con dentro 600 mila euro (gli altri 150 mila erano nell'abitazione della figlia), quando le forze dell'ordine l'hanno arrestato fuori dal lussuoso hotel Sofitel di Bruxelles?

 

 


Per gli inquirenti stava scappando. Per l'avvocato della Kaili, invece, stava riportando il malloppo a Panzeri: «Per la mia assistita un'opzione era quella di consegnare il suo compagno alla polizia (Francesco Giorgi, storico collaboratore di Panzeri, ndr), ma stando alla legge europea non era obbligata. L'altra era di riportare il denaro al suo proprietario. La Kaili ha saputo di quei soldi all'ultimo minuto, e ha chiesto subito che andassero al signor Panzeri». E ancora, l'avvocato: «Kaili ha telefonato a suo padre: "Andiamo, prendi queste cose, vai nella tua stanza in albergo, e verrà un uomo a prenderle"». Per il legale, che ha parlato al giornale greco Kathimerini, dunque non sarebbe neanche vero che la Kaili avrebbe confessato ai magistrati di essere al corrente delle valigette colme di contanti, ma sarebbe stata informata dell'esistenza dei soldi solo quando Giorgi è stato arrestato vicino al garage di casa loro. È a questo punto, ha sottolineato Dimitrakopoulos, che la Kaili avrebbe cercato di «rintracciare l'uomo ritenuto il proprietario di quel contante»: Panzeri, appunto, nella cui casa belga gli inquirenti all'inizio dello scandalo hanno sequestrato oltre 600 mila euro.

 

 

 


INTERCETTAZIONI
Domani la Kaili, in carcere a Bruxelles dal 9 dicembre, sarà in tribunale perla prima udienza: i giudici devono decidere se confermare la carcerazione. Veniamo, anzi, torniamo a Panzeri. Emergono intercettazioni telefoniche. Questa è del 4 giugno 2022. Moglie e figlia di Panzeri, Maria Dolores Colleoni e Silvia, si trovano in Marocco. Parlano con lui: «È andata bene, ci hanno fatto passare per vip, siamo andate da Atmoum per un caffè...». Abderrahim Atmoun è l'ambasciatore del Marocco in Polonia, «il gigante», secondo gli inquirenti, tramite cui moglie e figlia di Panzeri avrebbero movimentato beni tra il Nordafrica e l'Europa. Stando alle indagini i contatti tra Panzeri e Marocco sarebbero iniziati tra il 2012 e il 2014 in occasione delle trattative Ue-Marocco sui prodotti agricoli. «Hai visto le scatole?», chiede Panzeri alla moglie, sempre al telefono. «Sì, viste!». Ridono.


Poche ore dopo Panzeri parla al telefono con Atmoum. Prima scherzano su quelli che sembrano regali per moglie e figlia («Se ne sono andate coi prodotti...qualche prodotto»). Poi il tono diventa serio: Panzeri chiede per «la cosa di sua figlia», dice che le farà scrivere (alla figlia) «una bozza di convenzione» destinata ad Atmoun «per vedere se va bene». Panzeri parla di un accordo. Atmoun conferma e parla di un contratto «per l'anno». Gli inquirenti stanno cercando di capire. Panzeri, che nelle scorse ore ha ammesso un parziale coinvolgimento nel Qatargate che oltre a Doha ormai riguarda a pieno pure il Marocco, ha puntato il dito contro l'ex collega Pd Andrea Cozzolino (presidente della delegazione Ue in Maghreb) il cui assistente fino a pochi giorni fa era Giorgi, e contro l'eurodeputato belga Marc Tarabella, che ha indicato come uno dei destinatari dei «regali provenienti dal Qatar».


PAGATA 215MILA EURO
Ieri la Corte d'appello di Brescia ha accolto la richiesta dei legali della figlia di Panzeri (gli stessi della madre) di slittare al 3 gennaio l'udienza sull'estradizione in Belgio: i legali hanno chiesto che venga valutata la situazione delle carceri belghe. Hanno fatto leva su un rapporto europeo che le ritiene «sovraffollate». Lunedì i legali avevano presentato la stessa richiesta per Maria Dolores Colleoni, ma il collegio giudicante era diverso: in questo caso è stata disposta l'estradizione. Entro due settimane verrà discusso il ricorso: su di lei ci sono «gravi indizi di colpevolezza». In serata poi la notizia del sequestro della villa di Cervinia di Niccolò Figà-Talamanca (pagata 215mila euro), presidente dell'altra Ong collegata all'inchiesta, la No Peace without Justice fondata da Emma Bonino. 

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