Due sedi per l'europarlamento Spreco miliardario dei Merkozy
Ogni mese i deputati traslocano da Bruxelles a Strasburgo al costo di 250 milioni l'anno. Per compiare Parigi che ha l'appoggio di Berlino
Nella morsa della crisi una strana transumanza attraversa i cieli e le strade d'Europa. Accade che una volta al mese, per quattro giorni, 736 eurodeputati e 3mila funzionari - col loro codazzo di mille assistenti, 3mila casse di documenti e centinaia d'armadi posati su 20 tir al costo dal 9mila euro l'uno - si spostino dagli uffici amministrativi di Bruxelles al palazzo delle sessioni plenarie di Strasburgo. Gli europarlamentari hanno i loro riti. Una volta al mese, per quattro giorni, apparecchiano i loro staff negli alberghi locali (sempre pieni e con costi raddoppiati nei “giorni speciali”); e, dopo le riunioni canoniche in un palazzo che s'illumina nel lussuoso emiciclo e nei suoi 2.650 ufficio e 47 sale conferenze, essi rifanno lo stesso percorso al contrario. Il suddetto spreco è valutato in 250 milioni di euro all'anno, un miliardo a legislatura circa. Pagati da noi, of course. La notizia è che alla vigilia della nomina del nuovo presidente del Parlamento Europeo - Martin Shulz, il “Kapò” di berlusconica memoria - un gruppo di eurodeputati torna all'attaco per abolire una delle due sedi, virtualmente inutile. Bruxelles è più centrale, vi risiedono Consiglio e Commissione, si lavora di più. Ergo, la candidata alla soppressione sarebbe Strasburgo. Stress da trasloco - «In tempi di riduzione dei costi della politica trovo assurdo che il Parlamento europeo abbia due sedi» sostiene Lara Comi, giovane eurodeputata Pdl ariete nell'azione di forza, già propositrice di due interrogazioni sul tema. Comi propone a Schulz «di considerare la questione della doppia sede come prioritaria». E, in effetti, se c'è un carattere che la cancellazione del simbolo dell'eurocasta possiede, è il carattere dell'urgenza. «Ci hanno sempre risposto che non è possibile perché c'è un accordo previsto nel trattato. Ma siccome la Merkel dovrà chiedere la modifica del trattato, sarebbe l'occasione buona per unificare le sedi...». A dire il vero, quasi tutti gli eurodeputati affetti da stress da trasloco e rigurgiti di coscienza civica sono sono d'accordo con Comi. Sicuramente tutti e 72 gli onorevoli italiani. E gli spagnoli, i greci, i polacchi. Per non dire degli scandinavi. Addirittura la liberale svedese Cecilia Malmström lottò eroicamente - e strenuamente - contro l'assurdo, per unificare le sedi attraverso una petizione che raccolse più di un milione di firme. Eppure nulla è cambiato. Il Parlamento Europeo continua a essere l'unica assemblea al mondo ad avere due sedi; anzi, ad esser pignoli, tre, se si considera anche quella del Segretariato Generale in Lussemburgo. Sicché v'è qualcosa di surreale, uno sbuffo masochista, in quest'accanimento della burocrazia che ha fatto lievitare i costi del carrozzone dai 230 miliardi di vecchie lire nel 2001 ai 250 milioni d'euro di oggi. Il 15% dell'intero budget dell'Unione Europea, che peraltro continua a chiedere lacrime e sangue ai suoi Stati membri. Anche insalubre - E, in più, gli ambientalisti si sono divertiti a calcolare che la carovana mormonica dell'impossibile, l'intera operazione mensile di trasloco, comporta un'emissione nell'aria di circa 20mila tonnellate di anidride carbonica. Antieconomico e insalubre, perfino. Il vero ostacolo alla cancellazione di Strasburgo - la soluzione più logica - è, in realtà, il solito asse Merkozy (Merkel/Sarkozy). L'alsaziana Strasburgo è un simbolo di autorevolezza per la grandeur francese; ma essendo al confine con la Germania si rivela pure una sede comodissima per i politici tedeschi. La cui stanca figura evoca così quella degli onorevoli italiani, entranti in Parlamento al martedì e rientranti, esausti, il giovedì sera. Tutto il mondo è paese. Dove finisce la logica inizia la burocrazia. Il dettaglio delle spese delle sedi per il cittadino medio oggi mazzuolato dalla crisi, è da pelle d'oca. Per i consumi energetici Strasburgo e Bruxelles pagano una bolletta da 18,9 milioni all'anno. Per la sicurezza e la sorveglianza degli immobili 37,6 milioni. A cui vanno aggiunti 22 milioni di euro per la sistemazione dei locali. Senza le spese correlate: gli affitti degli uffici nelle vicinanze del Parlamento, 34 milioni di l'anno; il mobilio 3,2 milioni; gli impianti tecnici 17,4 milioni di euro; le telecomunicazioni 9,4 milioni di euro. 320 milioni di euro. Terrificante. Strasburgo va chiusa. E, invece di ridurre quell'enorme sede a cattedrale nel deserto, è già pronto il progetto della prima Università transeuropea, o di una scuola di amministrazione pubblica, o di quel cavolo che vi pare. di Francesco Specchia