Trump è un presidente «terribile», dice un sondaggio Ap. Anzi, è il peggior presidente della storia, o almeno della storia americana dal dopoguerra in poi, ne dice un altro firmato Cnn.
Solo 4 americani su 10 approvano la sua politica e più di 4 su dieci lo «disapprovano fortemente», dice la NBC. «Gli americani sfogano la delusione nei confronti di Trump prima del suo centesimo giorno di carica, soprattutto per i dazi» titola la stessa emittente, smentita da altri informati analisti secondo cui il «cataclisma» di consensi sarebbe dovuto alla gestione della politica antimigratoria che avrebbe deluso gli indecisi che avevano votato per lui il novembre scorso.
Insomma al traguardo dei 100 giorni tutte le testate più o meno di sinistra hanno già inchiodato Trump al suo amaro destino e il presidente in risposta ha resuscitato un vecchio refrain del suo primo mandato, quello secondo cui «i media sono nemici del popolo» e in quanto tale «andrebbero indagati». In un post su Truth se l’è presa in particolare con un sondaggio del New York Times e un altro di Abc e Washington Post che darebbero il consenso nei confronti del tycoon molto al di sotto del 40%, citando un post del sondaggista John McLaughlin, «uno dei più stimati del settore», che fa notare come quei sondaggisti siano gli stessi che davano per scontata la vittoria di Kamala Harris con ampio margine.
«Sono malati» ha chiosato, «scrivono solo quasi storie negative su di me non importa quanto bene stia facendo». Ma al di là del commento sopra le righe dello spazientito presidente, cosa c’è di vero nelle sue accuse? Su quelle riferite al sondaggista omonimo di un ben più noto chitarrista non ci piove, NYT, WP, Cnn, NBC e tutti gli altri hanno tirato la volata a Kamala fino all’ultimo sfiorando l’indecenza nel sostenere, sondaggi alla mano, il vantaggio che l’avrebbe portata alla sicura vittoria. Perché dunque dovremmo adesso credere ai loro numeri? Ma non è nemmeno una questione di testate partigiane o decisamente prevenute nei confronti di Trump, la questione è proprio insita in quei numeri.
A seconda della testata e dell’agenzia che ha svolto le interviste l’indice di gradimento di Trump si aggirerebbe tra il 37% e il 45%, quindi con una forbice di addirittura 8 punti che già di per sé lascia piuttosto perplessi. Il 37% è effettivamente molto basso, ma se confrontato con il primo mandato quel 45% è una percentuale di tutto rispetto, secondo i dati ABC superiore di 4 punti rispetto all’indice fatto registrare da Trump al 29 aprile del 2017. Certo, in ogni caso inferiore all’indice di gradimento registrato dagli ultimi presidenti, ma bisogna anche considerare che nessuno dei predecessori di Trump aveva mai firmato così tanti provvedimenti che hanno toccato tutti gli angoli della vita americana. Per i suoi sostenitori l’approccio “shock-and-awe” è la dimostrazione tangibile di un presidente che agisce con determinazione, mantenendo le promesse e attuando riforme attese da tempo.
Lo attesta anche lo stesso sondaggio della Cnn secondo cui il 48% degli americani afferma che Trump sta nel bene e nel male facendo quello che aveva detto in campagna elettorale. Al centesimo giorno di presidenza Biden non era stato altrettanto prolifico, aveva fatto poco e niente, e infatti godeva del 57% di approvazione. Entro la fine dell’anno però crollò al 40% e di lì non si mosse più. Le somme le tireremo più avanti nella certezza, arrivata ieri, che Donald rispetterà il XXII emendamento, cioè non si ripresenterà per il terzo mandato. «Forse sto solo cercando di creare scompiglio» ha detto, «e poi è troppo complicato...».