La strada della pace passa dal Vaticano, ma forse Vladimir Putin non ha alcuna intenzione di imboccarla, al di là delle dichiarazioni. Dopo l'incontro tra Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il Cremlino formalmente ha dichiarato di essere pronto a un negoziato per il cessate il fuoco in Ucraina "senza precondizioni". Ma Sergery Markov ha un'idea diversa.
"La mia valutazione è che oggi esiste un 25, massimo 30% cento di probabilità che si giunga a un accordo serio e non di facciata. Troppa distanza ancora tra le due parti", è la sentenza dell'ex consigliere di Putin per la politica estera dal 2011 al 2019.
"Entro l'autunno - sottolinea in una intervista al Corriere della Sera - la possibilità di una fine definitiva del conflitto, o di un suo lungo congelamento, sale almeno fino al 70%". Secondo Markov, "la Russia non ha ancora dimostrato la sua vera forza e la reale debolezza dell'avversario. L'Occidente, e parlo soprattutto dell'Europa, Keir Starmer ed Emmanuel Macron, sanno bene che siamo in vantaggio su tutta la linea del fronte, ma ritengono che non sia un vantaggio poi così grande. Quindi, non sono pronti a fare concessioni". Così, spiega, "in estate potrebbe esserci una nuova offensiva russa, concepita apposta per dimostrare al mondo lo stato in cui versa l'esercito ucraino. È quando da una parte tutto rischia di crollare che si stipulano gli accordi di pace".
Quanto a Putin, "anche lui si appresta a fare delle concessioni - assicura il suo ex consigliere -. Una qualche forma di compromesso deve sempre essere attuata. Stiamo parlando di negoziati odierni e futuri, non di una eventuale resa". Il "nodo più difficile da sciogliere - osserva ancora Markov - è sempre il territorio. Fin dove siamo arrivati nelle quattro province annesse alla Russia, non ce ne andiamo. Ma non avanziamo oltre. In più, potremmo ritirare le nostre truppe presenti nelle aree che ancora sono Ucraina: Sumy, Nikolaev, tra un paio di settimane Dnipropetrovsk, ovvero la riva destra del fiume Dnipro. Uscire da queste regioni, in cambio della creazione di una zona demilitarizzata".
Inoltre, precisa ancora l'ex consigliere di Putin per la politica estera, "la Russia non rinuncerà mai ufficialmente all'obiettivo della cosiddetta denazificazione. Ma ci sarà un congelamento di questa richiesta. Centinaia di Ong ucraine da vietare, migliaia di militari e di altri reduci dal fronte da gestire, decine di vie da ribattezzare: troppo difficile. Che se la vedano loro, quando sarà finita la guerra". Infine una riflessione sul presidente ucraino Zelensky: "Certamente a Putin non piace. Ma il nostro presidente non è un adolescente, non è uno che ama o odia. Non è certo una persona emotiva. A lui, addirittura conviene che Zelensky rimanga dov'è. Tutti gli altri possibili sostituti avrebbero senz'altro migliori rapporti con Trump. La Russia non chiederà certo la sua rimozione. Ben venga una campagna elettorale, piuttosto. Così si sentirà la voce della gente, e tutti i candidati faranno una gara di retorica pacifista".