Alla buonóra: Abu Mazen si è svegliato. Proprio lui: l’assente più illustre nella crisi in Medio Oriente. Il fantasma palestinese. Umiliato da Hamas nel biennio 2006-2007, sia nelle urne di Gaza, sia a livello militare, ci ha messo un anno e mezzo prima di uscire dal riserbo (eufemismo) nel quale si era praticamente rifugiato dal 7 ottobre 2023, il giorno delle stragi di Hamas. Ecco, ridotto a “governare” su quel che resta dell’Autorità nazionale palestinese - la Cisgiordania - qualcosa si è improvvisamente acceso nella mente dell’eterno erede di Yasser Arafat. Classe 1935 - e «con il cuore indebolito del fumatore accanito», avverte il Corriere della sera - durante una riunione del Consiglio centrale dell’Anp a Ramallah si è scagliato contro i rivali (interni) di Hamas, coloro che gli hanno sottratto la Striscia di Gaza: «Figli di cani, liberate gli ostaggi: centinaia di persone muoiono ogni giorno perché non li volete rilasciare». Il riferimento è ai 59 sequestrati ancora nelle mani dei miliziani jihadisti (ma solo 23 di questi sarebbero ancora vivi). «Smettetela di fornire scuse a Israele e chiudetela lì», ha aggiunto Abu Mazen, che ha invitato Hamas a «lasciare il dominio e a deporre le armi». Lo sfogo è continuato così: «Sono io che pago il prezzo, il nostro popolo sta pagando il prezzo, non Israele. Fratello mio, consegnali e basta» (gli ostaggi, ndr).
Parole. E arrivate pure fuori tempo massimo. Perché dal giorno del pogrom del 7 ottobre il leader dell’Anp è stato spettatore. Eppure è sua e della sua Al Fatah, la storica formazione politica palestinese braccio politico dell’Olp, ad aver spianato la strada ad Hamas nei 363 chilometri quadrati della Striscia. Prima perdendo le elezioni nel 2006 a Gaza - e non solo - a vantaggio di Hamas (nella Striscia 15 seggi su 24 andarono ai fondamentalisti), e poi, l’anno successivo, subendo l’onta della cacciata dalla Striscia sull’onda di una guerra civile da oltre 800 morti). Davide Frattini sul Corriere ha ricordato il dileggio cui fu oggetto il “moderato” Abu Mazen nel giugno del 2007: «I miliziani di Hamas sono entrati nel suo palazzotto intonacato di rosa, hanno girato per tutte le stanze fino alla camera da letto, dove qualcuno si è infilato sui piedi impolverati le ciabatte di pelle». Da quel momento, all’Anp è rimasto il controllo, sempre meno saldo, della Cisgiordania, mentre a Gaza hanno prosperato i fondamentalisti. Con le conseguenze che conosciamo. Nella ridotta di Ramallah, con gli uffici governativi deserti, Abu Mazen si è trasformato in un autocrate: il suo mandato presidenziale, ottenuto con le elezioni l’ultima volta il 15 gennaio 2005, è stato rinnovato solo grazie alle proroghe unilaterali.
"Condoglianze cancellate": Israele, scoppia il caso sul Papa morto
È un silenzio che rimbomba, quello di Israele sulla morte del Papa. Perché se il presidente israeliano Isa...Una scelta figlia del terrore di perdere anche il controllo della West Bank a vantaggio degli jihadisti. Guarda caso ora, con Hamas agonizzante, il vecchio leader ha fatto l’ennesima promessa di tenere le elezioni «entro un anno». Annuncio sentito tante altre volte. Invece di provare a costruire un’alternativa credibile all’oscurantismo, all’estremismo e alla violenza di Hamas, l’Anp non ha fatto altro che ripiegarsi su se stessa, preoccupandosi solo di conservare il suo potere e la sua pletorica struttura burocratico -governativa, favorendo la corruzione. E viene da sorridere al pensiero che il “piano B” per la Striscia vagheggiato da europei ed ex amministrazione democratica americana abbia puntato su Mahmud Abbas, meglio conosciuto come Abu Mazen. L’uomo che si è “svegliato” con oltre 18 mesi di ritardo.