Tutti bravi a mettersi in fila e a recapitare condoglianze. Quando però Bergoglio- con caparbia, gesuitica perseveranza - chiamava ogni sera la Sacra Famiglia di Gaza per sapere dal parroco di rito ortodosso, Padre Gabriel Romanelli,come stessero i palestinesi e i pochi cattolici accolti che si erano rifugiati nella chiesa e nel giardino circostante- le bombe continuavano a cadere. Il cibo continuava a scarseggiare e l’acqua a non arrivare.
I miliziani di Hamas proseguivano imperterriti a tener prigionieri gli israeliani rapiti il 7 ottobre del 2023.Nessun appello dal sagrato di San Pietro era stato ascoltato. Neppure quando, per qualche settimana, Gerusalemme aveva sospeso l’attacco e fatto entrare masserizie stipate su 24mila camion. I reclusi sono rimasti tali. Gli israeliani, avevano accolto l’appello reiterato come una nenia, una preghiera ostinata, al cessate il fuoco. L’instancabile rete diplomatica vaticana si era mossa. Tramite anche il patriarca ortodosso di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, per venire a capo di un conflitto che si tira avanti da oltre 500 giorni. «La guerra è una sconfitta», era diventata la litania del primo seguace di santo Ignazio di Loyoola assurto al soglio di Pietro.
Morto all’alba della pasqua Cattolica, che coinvide con l’ortodossa, quasi in coincidenza con la fine della ricorrenza ebraica di Pesach, Papa Francesco, nel suo messaggio alla comunità mussulmana, per il mese del Ramadan si «era augurato che gli sforzi comuni per la pace» portassero «ad una brezza ristoratrice per un mondo assetato di pace e fraternità».
Nessuno ha avuto la bontà di ascoltarlo. Adesso che il mondo interno ne piange la scomparsa, financo i guerriglieri di Hamas esprimono cordoglio: «Era uno dei più importanti sostenitori dei legittimi diritti del popolo palestinese», sostiene Bassem Naim, membro dell’ufficio politico del movimento islamista palestinese, citato dai media arabi. Il Papa, ha aggiunto, «aveva posizioni chiare contro la guerra e il genocidio a cui il popolo di Gaza è stato sottoposto negli ultimi mesi». Peccato che il leader di Hamas dimentichi di citare i migliaia di morti dell’attacco e le vittime nei tunnel e i prigionieri ancora nei tunnel. Dittatore che parla, condoglianze che trovi. Il presidente russo Vladimir Putin affida al sito del Cremlino memorie dei tre summit con Bergoglio «difensore dell’umanità e della giustizia». Perfino dal turbolente Iran, guidato dal presidente Masoud Pezeshkia si sbilanciano in un messaggio di cordoglio - rilasciato dal portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei - in occasione della morte del Papa- appellandosi «a tutti i cristiani del mondo, a tutti i monoteisti e ai seguaci delle religioni celesti, e chiediamo a Dio la sua pace».
Dall’altra parte del mondo - tramite X - il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, si aggrega e proclama 7 giorni di lutto mentre in Venezuela il barricadiero Nicolas Maduro ricorda «la vicinanza». Altra patria di rivoluzionari, Cuba. Proprio dove Bergoglio ottenne nel 2016 uno dei più grandi successi diplomatici. Fidel Castro, ancora vivo, Francesco incontrò il patriarca Kirill di Mosca, gettando così un ponte nelle diatribe teologiche centenarie tra la chiesa di Roma e quella di Mosca. Restano da ricucire, ancora, le «incomprensioni» con i “fratelli maggiori”. Incomprensioni con le comunità ebraiche recuperando con «l’imprescindibile dialogo» l’attenzione «all’antisemitismo crescente», sintetizza l’Ucei. Bibi tace. Solo il presidente di Israele Isaac Herzog.