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L'Iran adesso ci crede: "Con gli Usa buon incontro"

I negoziati sul nucleare a Roma. "Atmosfera positiva" secondo Tajani e gli emissari degli ayatollah. Nell'Oman si passa a un nuovo livello di trattative
di Dario Mazzocchi lunedì 21 aprile 2025

3' di lettura

Un clima costruttivo, stando a quanto ha fatto intendere la delegazione di Teheran, e appuntamento a sabato prossimo in Oman per un terzo giro di consultazioni con i rappresentanti americani: è il risultato del secondo giorno di trattative tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare dello stato mediorientale che si sono tenute a Roma. «Posso affermare che c’è stato un progresso», ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, dopo quattro ore di lavori. «Abbiamo raggiunto una migliore comprensione e un accordo su alcuni principi e obiettivi durante questi negoziati a Roma».

L’obiettivo della Casa Bianca, rappresentata dall’inviato speciale Steve Witkoff, resta quello di assicurarsi che il regime degli ayatollah non sviluppi armamenti nucleari, per quanto lo stesso direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, l’argentino Rafael Grossi, abbia ammesso che l’Iran sia molto vicino al suo intento. In questo scenario, gli Usa, secondo l’approccio negoziale dell’amministrazione Trump, da una parte insistono per una supervisione internazionale decisa, affidata dall’Aiea, dall’altra – come ha più volte rimarcato lo stesso presidente – sono pronti a mostrare i muscoli qualora ce ne fosse bisogno. Le delegazioni hanno così iniziato il secondo round ospiti dell’ambasciata omanita: stanze separata e il ministro degli Esteri dell’Oman, Badr Albusaidi, a fare la spola per riportare i rispettivi messaggi.

NUOVO STEP

L’agenda dei prossimi impegni l’ha definita sempre Araghchi: «I negoziati tecnici e con esperti inizieranno in Oman mercoledì e nel terzo round di colloqui, che si terrà sempre in Oman sabato prossimo, discuteranno l’esito della riunione per verificare se si è vicini ai principi di un accordo». Non c’è motivo di agitarsi, secondo il ministro iraniano, ma il timore di Teheran è che la controparte possa chiamarsi fuori dalle trattative e rigettare un futuro piano, come accaduto nel 2018, quando durante il suo primo mandato Trump ritirò l’adesione al Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), siglato da Barack Obama, e che sanciva che l’Iran non potesse arricchire uranio perla realizzazione di un’arma nucleare.

«Il presidente è stato chiaro: l’Iran non può avere né un’arma nucleare né un programma di arricchimento dell’uranio», ha confermato un portavoce dello staff di Witkoff. «Man mano che i colloqui proseguono, ci aspettiamo di definire meglio un quadro per lavorare a un accordo che raggiunga gli obiettivi del presidente in modo pacifico», ha sottolineato. Così gli iraniani stanno pianificando una serie di proposte che comprendano la garanzia che Washington non si ritiri in un secondo momento.

La seconda giornata del vertice è iniziata in tarda mattinata con l’incontro tra il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, e l’emissario di Teheran. Tajani ha spiegato che «l’auspicio del governo italiano è che tutti insieme si possa arrivare ad una soluzione positiva per il Medio Oriente», con l’intento che Roma diventi «capitale di pace e dialogo». Da qui l’invito ad Araghchi «a proseguire nel cammino del negoziato contro l’arma nucleare». Presenta anche lui alla Farnesina, Grossi ha detto aver accolto «con favore il ruolo dell’Italia» in un momento «critico in cui la diplomazia è estremamente necessaria».

L’ALTERNATIVA

I buoni intenti ci sono tutti e approfittandone l’Iran è tornata a chiedere che gli Stati Uniti cancellino le sanzioni, ma nulla va lasciato al caso, nemmeno la voce di un faccia a faccia tra l’inviato americano Witkoff e il ministro degli Affari strategici israeliano Ron Demer, di passaggio a Roma. Il rumor è stato rilanciato da Barak Ravid, giornalista di Axios, citando una fonte vicina alla questione. Witkoff e Dermer si erano già visti venerdì a Parigi, con la presenza del direttore del Mossad, David Barnea. L’idea è che Dermer volesse venire aggiornato prima di rientrare in patria dove ieri si è fatta di nuovo concreta l’ipotesi di un attacco ai siti nucleari iraniani nonostante lo stop di Trump alle intenzioni del primo ministro Benjamin Netanyahu, secondo quanto riferito dalla Reuters e ripreso dai media israeliani. «Non c’è fretta», sarebbero state le parole con cui Trump ha imposto lo stop all’opzione militare, in linea con quanto emerso dall’entourage di Witkoff, per cui resta fermo il principio che Teheran non può avere armamenti nucleari: si negozia per ottenere un accordo, ma se saltasse il banco, le priorità sarebbero ben altre.

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