Vladimir Putin, dentro all'uovo pessime sorprese per Kiev

La mossa del Cremlino mette pressione sull’avversario che, se gioca male le sue carte, rischia di scontentare ancora di più il mediatore americano
di Carlo Nicolatodomenica 20 aprile 2025
Vladimir Putin, dentro all'uovo pessime sorprese per Kiev
3' di lettura

Putin lancia l’esca, annunciando una tregua di 30 ore per Pasqua. Zelensky tentenna, protesta ma poi mangia la foglia, capisce in cosa consiste la trappola russa e abbozza, evitando di fare incavolare Trump. Questa, in sintesi, la giornata di ieri fra Mosca, Kiev e, sullo sfondo, Washington. All’ultimatum di Rubio, suggellato dalla puntualizzazione trumpiana nella sostanza e nei toni («se una delle due parti fa la stupida ce ne andiamo») sono seguite nell’ordine le contraddittorie e stizzite prese di distanza di Kiev e il successivo annuncio di tregua pasquale di Putin. In soldoni il presidente russo ha furbescamente ripassato la palla in campo nemico approfittando del suo disorientamento. D’altronde Trump stavolta l’ha detto chiaro e tondo, «la Russia non mi sta prendendo in giro» e se c’è qualcuno che lo sta facendo, qualcuno di cui non ci si può fidare, questi è l’Ucraina.

La chiave per capire questa mossa da scacchista di Putin non è tanto la minaccia partita dall'Amministrazione americana, quanto la proposta di pace che quest’ultima avrebbe offerto alle due parti e alla quale inizialmente, secondo indiscrezioni riportate dal New York Times, Kiev avrebbe accettato al 90% salvo poi ricredersi. Il ministero della Difesa ucraino ha detto in sostanza che ci sono di mezzo «diverse posizioni di principio», tra le quali il fatto che mentre l’Ucraina ha accettato la proposta statunitense di un cessate il fuoco completo, «la Russia ha continuato a colpire quotidianamente città e infrastrutture ucraine». «In queste condizioni» ha spiegato il ministero «non è chiaro come si possa discutere o misurare in percentuali i progressi di qualsiasi dialogo».

CONVINZIONI
In diplomazia questo verrebbe considerato un errore grossolano perché ha dato adito alla controparte di agire di conseguenza dichiarando quel cessate il fuoco completo di carattere religioso che era in realtà una vecchia proposta occidentale, in particolare del presidente francese Macron poi ripresa dallo stesso Zelensky. Putin insomma ha dato immediatamente quel segnale che l’America aveva richiesto, al fine dichiarato di saggiare «la disponibilità del regime di Kiev a risolvere pacificamente la questione». Mentre Zelensky, che avrebbe dovuto prendere tempo, quel segnale lo ha respinto sdegnosamente. Una volta di più il presidente ucraino deve fare i conti con quella che più che un’impressione è per lui una certezza; Zelensky cioè è sicuro che il mediatore sta dalla parte del nemico. Il piano di pace americano infatti non si è spostato di molto rispetto a quanto era emerso fin dall’inizio. Oltre alle cessazioni delle ostilità si parla di congelamento dello status quo territoriale al fine di arrivare un compromesso con ampie concessioni da parte dell’Ucraina.

LINEE ROSSE
Secondo Bloomberg, Washington sarebbe addirittura già pronta a riconoscere il pieno controllo russo sulla Crimea, mentre Witkoff ha suggerito che i territori russofoni potrebbero essere facilmente sacrificati sull’altare della pace. Gli Stati Uniti poi non hanno fatto alcuna apertura all’entrata dell’Ucraina nella Nato, una linea rossa che Washington non ha mai messo in discussione. Insomma Trump, come ha sostenuto fin dall’inizio del suo secondo mandato, considera che militarmente la guerra si è già conclusa, che l’ha vinta la Russia e questo è il presupposto di base dal quale deve partire la trattativa. Ci sono delle alternative per Kiev? Apparentemente no, l’America non ha alcuna intenzione di sostenere l’armata ucraina prolungando la guerra per altri tot anni e l’Europa per il momento, per almeno un lustro secondo i proclami largamente ottimistici di Bruxelles, non è in grado di sostituirla.

Putin ne è perfettamente consapevole, «ha tutte le carte in mano» per dirla come Trump, e ne sta cinicamente approfittando nella speranza che Washington abbandoni l’Ucraina al suo destino. Ma anche il russo non può tirare la corda all’infinito perché la fiducia di Trump nei suoi confronti non è così granitica. Sulla Russia pesano sanzioni economiche che seppur per il momento non determinanti stanno lentamente strozzando la sua economia, palesando un futuro decisamente incerto. Le concessioni dunque non devono arrivare solo da Kiev ma anche da Mosca e devono essere territoriali. La tregua pasquale è una mossa furba, per Zelensky è una presa in giro, per Washington è un segno di buona volontà ma certamente non è abbastanza?