Ultimamente a Putin va tutto alla grande: le conquiste fatte in Ucraina sembrano solide, la prospettiva è quella di una pace negoziata dagli americani che gli garantisca il possesso di Donbass e Crimea e nella stessa regione di Kursk, l’oblast russo invaso dalle truppe di Kiev, le forze di occupazione vengono inesorabilmente cacciate palo a palmo.
Tutto bene? Non proprio: a infastidire l’uomo del Cremlino è un sassolino nella scarpa: un pezzetto di 12 chilometri quadrati del suo immenso Paese è infatti ancora controllato dal nemico. E non ci riferiamo ai residui villaggi del Kursk ma alla vicina regione di Belgorod, anch’essa invasa dagli ucraini.
Mercoldì il presidente Volodymyr Zelensky aveva confermato per la prima volta che le forze del suo Paese stanno operando nell’oblast di Belgorod, dove Mosca ha segnalato attacchi già il mese scorso. Belgorod, il capoluogo posto a 40 chilometri dalla frontiera, è regolarmente bersaglio degli attacchi aerei ucraini ed è vicina alla regione russa di Kursk, dove le forze ucraine hanno lanciato l’incursione a sorpresa l’anno scorso. Zelensky ha affermato su Telegram che il comandante in capo, il generale Oleksandr Syrsky, ha fatto rapporto sulla «nostra presenza nella regione di Kursk e sulla nostra presenza nella regione di Belgorod». «Continuiamo a condurre operazioni attive nelle aree di confine sul territorio nemico, e questo è assolutamente giusto: la guerra deve tornare da dove è venuta», ha aggiunto Zelensky.
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È la prima volta nei più di tre anni dall’invasione russa che Zelensky ha menzionato esplicitamente una presenza ucraina a Belgorod, una regione al confine con l’Ucraina con una popolazione di circa 1,5 milioni di abitanti. L’esercito russo ha ammesso di aver affrontato attacchi terrestri ucraini nella regione a marzo, in un momento in cui le forze ucraine erano sotto pressione a Kursk.
Secondo il blog militare DeepState, che è considerato vicino all’esercito ucraino, le truppe ucraine hanno occupato un’area di 12 chilometri quadrati nella regione russa, vicino al villaggio di confine di Demidovka. Zelensky e altri funzionari ucraini hanno affermato che l’incursione a Kursk e in altri territori russi serve a deviare le forze russe che attaccano le regioni ucraine di Sumy e Kharkiv.
La puntura di spillo a Belgorod, ovviamente, non sta cambiando le sorti del conflitto. Su tutti gli altri fronti i russi avanzano. Poco alla volta, con pachidermica circospezione ma avanzano, forse, sostiene Zelensky, anche con l’aiuto di «volontari» cinesi. Ieri il Cremlino ha lanciato un attacco missilistico sulla città di Dnipro, causando la morte di un uomo di 42 anni. Numerosi i feriti. Lo dice Serhii Lysak, capo dell’amministrazione militare dell’oblast di Dnipropetrovsk citato dai media ucraini. «Il nemico ha attaccato la città con un missile. Un vasto incendio è scoppiato nel luogo dell’attacco, una struttura civile è stata gravemente danneggiata. I primi rapporti indicano che tre persone sono rimaste ferite. Tutti i dettagli sono in fase di indagine». Lysak ha riferito che un uomo di 42 anni era stato ucciso nell’attacco missilistico.
COLLOQUI CON GLI USA
Russia e America intanto si parlano. Ieri sono ripresi i colloqui a Istanbul per normalizzare i rapporti reciproci in vista della trattativa sulla guerra. E l’Fsb ha confermato lo scambio di prigionieri avvenuto ad Abu Dhabi: il cittadino russo-tedesco Artur Petrov, che rischiava 20 anni di carcere negli Stati Uniti, è stato scambiato con la russa Ksenia Karelina. La Karelina, ballerina, era stata condannata a 12 anni in colonia penale per tradimento (aveva versato del denaro a una no profit pro -Ucraina). L’amministrazione Trump l’ha salvata. A Putin va tutto bene o quasi. Non perderà la guerra ma vincerla sul campo è tutta un’altra storia.