Accordo fatto. Adesso manca l’approvazione dei partiti che l’hanno siglato, ossia della Cdu del quasi cancelliere Friedrich Merz, della formazione sorella bavarese ossia la Csu di Markus Söder e della Spd guidata da Lars Klingbeil. Solo dopo il sì degli apparati o degli iscritti ai partiti, Merz si presenterà al Bundestag per illustrare il programma del suo governo. Aquel punto l’assemblea, senza dibattito, gli concederà (o in teoria gli negherà) la fiducia, facendo di lui il decimo cancelliere tedesco, il secondo dopo il lungo regno di Angela Merkel (2005-2021). Ottenuto l’ok della Camera bassa, il cancelliere potrà presentare al capo dello Stato la lista dei ministri «e da inizio maggio potremo metterci al lavoro col nuovo governo».
Lo ha affermato ieri lo stesso cancelliere in pectore presentando accanto a Söder, a Klingbeil e all’altra co-presidente della Spd, Saskia Esken, il nuovo patto di coalizione. «Non c’entra nulla con il semaforo (ossia con la coalizione uscente, ndr) né con una classica große Koalition», ha poi spiegato Söder osservando che ieri «è nato qualcosa di nuovo». Secondo Merz il patto di governo segnala ai cittadini ma anche all’Europa «che la Germania è tornata», e che alla faccia delle polarizzazioni interne e internazionali, ossia la forza di AfD e dei partiti della sinistra socialista come anche i dazi di Trump e la guerra in Ucraina, a Berlino sarà il centro dello schieramento politico a fare la differenza. Ci riuscirà? Il patto presentato ieri prevede un allentamento della pressione fiscale sulle imprese, incentivo fiscali per gli investimenti in innovazione, l’abolizione del reddito di cittadinanza (per Merz meglio chiamarlo assicurazione sul lavoro per ricordare che per percepirla bisogna almeno provare a lavorare) e un giro di vite su flussi migratori illegali insieme a un aumento delle espulsioni di chi non ha titolo per restare. Più diretto, Söder ha parlato di «law and order».
Afd col turbo, il sondaggio: dove vola il partito in meno di due mesi
Afd è già al pari con Cdu/Csu in Germania: una rimonta notevole dalla data del voto, lo scorso 23 febbraio...Misure che puntano a rianimare una Germania spiaggiata sulle secche della recessione; un paese che mentre avrebbe bisogno di una mano per riprendere il mare si è trovata davanti il muro di sabbia dei dazi di Donald Trump. Forse anche la risolutezza del presidente degli Stati Uniti ha aiutato moderati e socialdemocratici ad arrivare prima a un compromesso. L’economia poi non basta: il paese è spaventato anche dall’impennata degli atti di terrorismo dei mesi recenti e chiede più sicurezza alle frontiere e per le strade; e poi c’è la questione di un est che, a torto o a ragione, si sente sempre più abbandonato. Secondo Tanja Gönner, direttrice esecutiva del Bdi, la Confindustria tedesca, il nuovo patto segnala che «la gravità della situazione è stata riconosciuta» e ricorda come il recente impegno da 1.000 miliardi di euro preso dal Bundestag ormai disciolto serve per metà a rianimare un paese dalle infrastrutture esauste e per l’altra metà a rilanciare la Difesa, una priorità «considerata la situazione di sicurezza sempre più tesa in Europa».
Pollice verso dall’opposizione che accusa Merz di voler curare la Germania malata con dei pannicelli caldi. Per i Verdi, che pure fino a ieri hanno votato con la Cdu e la Spd il pacchetto da mille miliardi, il patto presentato è «una pasticca di Valium quando servirebbe un’iniezione di energia». Secca la bocciatura dell’AfD, il partito sovranista che non solo è arrivato al 20,1% alle elezioni di fine febbraio ma ha anche recuperato altri punti sulla Cdu di Merz in calo dal 28,5%, agganciandola al 25% nei sondaggi. Secondo la numero uno dei sovranisti, Alice Weidel, il programma del governo è «un atto di capitolazione» di Cdu e Csu nei confronti della Spd uscita perdente alle elezioni, nessuna promessa elettorale è stata mantenuta, ma, al contrario, Merz – che aveva promesso di non fare debito per poi accollarsi mille miliardi – «ha mentito con false promesse elettorali». Bocciata anche la politica migratoria che per Weidel è la stessa delle porte aperte impostata dieci anni fa da Angela Merkel.