Trump vuole sradicare la globalizzazione

Questa epoca è scappata di mano a tutti: i sistemi vanno riallineati
di Gianluigi Paragonegiovedì 10 aprile 2025
Trump vuole sradicare la globalizzazione
3' di lettura

Immaginiamolo come un pettine che impiglia i nodi della capigliatura. Ecco, Donald Trump si sta rivelando quel pettine lì che intercetta e cattura i nodi di una epoca, la globalizzazione, scappata di mano a tutti. Chi deve rappresentare il popolo, che democraticamente lo ha scelto come “risolutore” dei problemi, sa che i sistemi vanno riallineati. Spesso, quei nodi, necessitano dei movimenti bruschi di spazzola. I dazi sono quegli strappi che provocano un po’ di dolore ma che potrebbero essere necessari per rimettere la capigliatura in ordine. La finanza non ha bisogno di strappi perché non ha bisogno del confronto sociale, non si preoccupa dell’impoverimento della middle class o della desolazione attorno alle working class. Trump ha vinto le elezioni dicendo cose precise, per questo oggi tiene nei sondaggi. L’aver portato sul palco del Liberation Day gli operai e i lavoratori attiene pienamente alla liturgia trumpiana: «Vi avevo promesso vendetta e orgoglio, oggi sono qui a mantenere la promessa a costo di ingaggiare uno scontro duro con la finanza. Voi da che parte starete quando il gioco si fa duro?».

Anche ieri l’ottimo Mario Sechi ha elencato le cause che muovono l’azione del presidente repubblicano, dallo squilibrio della bilancia commerciale al dollaro troppo forte, dal pressing cinese alle anomalie dell’Europa. Questi nodi non potevano tenere impigliato troppo a lungo il corpaccione americano che ha spinto per un cambiamento radicale; e non sarà commentando il linguaggio di Trump che lo inquadreremo in modo nitido. Quella della Casa Bianca è una strategia a lunga gittata che può avere accelerazioni o sospensioni come quella di ieri sera, che comunque dovrà ultimare la sua fermentazione un attimo prima delle elezioni di medio termine. È una scommessa, certo.

Trump sta sfidando i mercati non per il gusto della sfida in sé e lo dimostra la doppia leva azionata ieri, “soft” con alcuni “hard” con la Cina che resta l’avversario principale nella globalizzazione asimmetrica. Poi ci sono- e restano i bankster, cioé gli agenti della distorsione, gli operatori di quel neoliberismo che ha messo in fuorigioco lavoratori e piccoli imprenditori americani a vantaggio del sistema global che sfrutta tutte le situazioni al fine di massimizzare i guadagni. La finanza non si imbarazza se ceo e azionisti allargano la forbice dei guadagni ad ogni crisi, anzi vivono di queste asimmetrie. Così come le multinazionali non hanno bisogno di giustificare le delocalizzazioni in quelle aree dell’est asiatico dove si produce in dumping. Come si può pensare di restare appesi al nuovo costo di produzione dell’ultimo smartphone della Apple: quel costo sarà spezzettato nella solita rateizzazione. La globalizzazione funziona tanto più riesce a tenere lunga la catena di approvvigionamento e la Cina è il player che meglio si è accomodato: ma cosa succede se un contraccolpo rompesse la meccanica di questa catena? Lo abbiamo visto con le crisi del Covid o della guerra in Ucraina o l’imbuto in uno stretto dove si strozzano le navi cargo.

Sono alcuni dei nodi che Trump doveva strappare per favorire la “sua” America, che lo ha votato perché vuole che la dinamica del sogno americano resti una possibilità alla portata di tutti. La presidenza di The Donald sveglia anche l’Europa, perché anche qui i nodi sono notevoli: altro che il “bazooka” minacciato dalla Von Der Leyen, l’Unione ha costruito i presupposti per farsi male da sola. Innanzitutto non capendo che il deficit commerciale non poteva allungarsi a lungo in una posizione così sfavorevole; poi favorendo strane politiche ideologiche come quella del green.

Per non dire delle gabbie burocratiche che la tecnofollia di Bruxelles tiene in piedi. E infine l’euro: arriverà il tempo in cui l’engagement commerciale dei dazi ci porrà di fronte alla sfida di un dollaro e di un euro riavvicinati nel loro valore attraverso svalutazioni de facto concordate.